Agota Kristof. Lingua materna e lingue nemiche

 

All'inizio, non c'era che una sola lingua. Gli oggetti, le cose, i sentimenti, i colori, i sogni, le lettere, î libri, i giornali, erano quella lingua. Non avrei mai immaginato che potesse esistere un’altra lingua, che un essere umano potesse pronunciare parole che non sarei riuscita a capire. Perché avrebbe dovuto farlo? Per quale motivo?

Nella cucina di mia madre, nella scuola di mio padre, nella chiesa di zio Gueza, nelle strade, nelle case del villaggio e anche nella città dei miei nonni, tutti parlavano la stessa lingua, e non si poneva affatto il problema di altre lingue. Dicevano che gli zingari, che stavano ai confini del villaggio, parlavano un’altra lingua, ma io pensavo che non era una vera lingua, era una lingua inventata, che parlavano soltanto tra lora, propria come facevamo Yano e io, quando parlavamo in modo da non farci capire da Tila.

 

(...)

 

In seguito, al ginnasio, per guadagnare tempo, scrivo i temi in versi, quando è possibile. Anche qui il professore mi fa leggere davanti alla classe, lo leggo la poesia che ho scritto in pochi minuti: «La mia città in autunno», Il professore annuisce col capo, chiude gli occhi, ascolta. (È il professore che imito meglio negli spettacoli) Alla fine dice:

— Le ho già dato un voto «eccellente». Ebbene, gliene darò un altro.

Ma, ahimé, non c'è solo la letteratura come materia, al ginnasio, Ci sono anche matematica, chimica, fisica.

Impariamo anche il russo. Nessuno conosce il russo, I professori di lingue straniere, tedesco, inglese, francese, si mettono a frequentare corsi intensivi di russo per qualche mese, ma non si può dire che lo imparino veramente, e non hanno nessuna voglia di insegnarlo. Da parte loro, gli allievi non hanno nessuna voglia di impararlo.

Ciò che si verifica è un sabotaggio intellettuale nazionale, una resistenza passiva naturale, non concordata, che si mette in moto da sé. Con la stessa mancanza d’entusiasmo si insegna e si impara la geografia, la storia e la letteratura dell’Unione Sovietica. Dalle scuole viene fuori una generazione di ignoranti. Ed è così che, all’età di ventun anni, al mio arrivo in Svizzera, e assoluta. mente per caso in una città in cui si parla francese, affronto una lingua per me del tutto sconosciuta. È qui che comincia la mia lotta per conquistare questa lingua, una lotta accanita e lunga, che di certo durerà per tutta la mia vita.

Parlo il francese da più di trent'anni, lo scrivo da vent'anni, ma ancora non lo conosco. Non riesco 4 parlarlo senza errori, e non so scriverlo che con l’aiuto di un dizionario da consultare di frequente. È per questa ragione che definisco anche la lingua francese una lingua nemica. Ma ce n'è un’altra, di ragione, ed è la più grave: questa lingua sta uccidendo la mia lingua materna.


Agota Kristof, L'analfabeta



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