Ricordi d'infanzia: L'incontro di Michela Murgia

Editoria e Libri



Prima di trasferirmi a Roma, ero una ragazzina scapestrata, che sapeva poco della vita, rotolavo e giocherellavo con gli stereotipi di quello che allora era il mio mondo, le amicizie si alternavano come le stagioni, gli amori svanivano prima ancora di concretizzarsi, roccia dura che resiste alle intemperie. La vita, in quel mondo, era un abbarbicarsi di eventi che mozzavano le ore, cristallizzavano la noia, rafforzavano ed esaltavano i sentimenti e gli umori, nutrivano le illusioni, ingannavano. Ho deciso, spinta da chissà quale forza, di lasciare quell'apparente idillio per immergermi in qualcosa di nuovo e inaspettato.

I ricordi più dolci, quelli in cui la memoria vi si adagia, posandosi leggera e aspettando l'alba, riemergono nelle notti insonni, quelle rare ma preziose ore in cui il letto si trasforma in un giaciglio caldo e protettivo e io sono in balia di momenti che pensavo aver dimenticato.

Alcuni dei ricordi più frequenti sono i giochi che facevo da bambina con i compagni di classe. Ci si incontrava al parco, quello davanti a casa mia, pieno di alberi in fiore, qualche altalena e una giostra. In piena estate ci arrampicavamo sugli alberi e cercavamo di raccogliere il maggior numero di ciliegie possibili. Ricordo anche il canto delle cicale nei pomeriggi afosi della pianura, i compiti delle vacanze al mattino, appena sveglia, le mietitrebbie tra agosto e settembre, i campi di papaveri e quelli di girasole. 

In uno dei suoi racconti Sepulveda dice che non è mai il caso che ci guida verso la scelta di un libro. Ho condiviso quel pensiero e l'ho provato sulla mia pelle con il romanzo di Michela Murgia, L'incontro edito da Einaudi.
La scrittura nitida, meravigliosa, essenziale, descrittiva ed emozionale di Michela Murgia mi ha riportato indietro nel tempo di alcuni anni, quando cioè abitavo ancora nel mio sgangherato paese. 

Le corse di Maurizio, insieme a Giulio e Franco Spanu, sono diventate le mie, il paese che vive delle leggende e dei racconti degli anziani, mi hanno fatto rivivere le serate trascorse all'ombra della sottana di mia madre, seduta su una piccola sedia di paglia ad ascoltare ora questa ora quella litania. Le avventure dei tre ragazzini, i loro sospiri, le paure, il bisogno di identificarsi, l'amicizia da conquistare e coltivare, ha provocato uno squarcio tra i miei ricordi facendo affiorare la moltitudine simbolica della pianura padana che ben si sposa con la Sardegna rurale.

L'incontro è la rivelazione dell'innocenza che si risolve nell'inaspettata creazione e condivisione di un "noi" che riunisce non solo l'intera comunità di Crabas ma soprattutto le vite di Maurizio, Giulio e Franco Spanu che, nell'estate del 1986, percepiscono di essere "fratelli di strada", un legame che conta molto più del sangue. Si condividono le ore, i pomeriggi e le serate; si condividono le avventure nelle fognature della parrocchia alla ricerca di qualcosa che, forse, è solo nella fantasia dei tre ragazzini, si condivide l'indignazione e la rabbia del parroco quando scopre che proprio loro hanno provocato l'incendio alla palma per uccidere le "merdone", si condivide anche la notizia, una scossa di terremoto nella staticità di Crabas, di una tragica quanto inevitabile divisione all'interno della comunità, qualcosa che avrebbe frastagliato il "noi" che da sempre accompagnava ogni evento pubblico e privato e che avrebbe creato un "loro", "quello che non siamo noi".

Il romanzo di Michela Murgia si staglia nel panorama letterario italiano con la forza inaudita di una scrittura piena e consapevole, che si rinnova e affronta, senza reticenza alcuna, tematiche dicotomiche che affondano nell'immaginario collettivo, nei confronti del quali nessuno è immune.

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