A Mantova la prima edizione della Biennale di Fotografia Femminile

Biennale di Fotografia femminile 
Dal 5 marzo all'8 marzo 2020
Organizzata da Associazione la Papessa 
con la direzione artistica di Alessia Locatelli
Mantova


In una società in cui ancora non esiste una piena parità di genere e la cui storia è spesso raccontata da occhi maschili, la fotografia al femminile è poco rappresentata e spesso stereotipata e la Biennale di Fotografia femminile è l’occasione per dare la giusta visibilità a importanti progetti di eccezionali fotografe da tutto il mondo.
Grazie al supporto e al Patrocinio del Comune di Mantova e al Patrocinio della Provincia di Mantova la Biennale avrà luogo in location talvolta chiuse al pubblico e in luoghi storici permettendo così di scoprire la città attraverso punti di vista diversi dall’ordinario.
Il tema di questa prima edizione è il lavoro, un tema quanto mai attuale e scottante, che riguarda tutti, al di là del genere, ma un tema particolarmente delicato se declinato al femminile; la Biennale ha quindi, tra gli altri, lo scopo di veicolare messaggi di uguaglianza attraverso la fotografia. La professione fotografica è una delle industrie che vede una maggioranza di uomini tra le sue file, anche se negli ultimi anni numerose fotografe sono salite alla ribalta del grande pubblico dimostrando di avere dalla loro forza, ingegno e sensibilità per affrontare tematiche anche forti e crude.

Anna Mia Davidson

Le fotografe invitate a questa prima edizione della Biennale sono:
Rena Effendi
Transylvania: built on grass
Fotografa e documentarista originaria dell’Azerbaijan, con la fotografia indaga l’umano, le persone e la cultura in contesti di ingiustizia sociale, conflitto e sfruttamento. Transylvania: built on grass è un colorato scorcio di vita nelle remote campagne della Romania.

Sandra Hoyn
Fighting for a Pittance
Fotografa tedesca, inizia la sua carriera nel 2005 come fotogiornalista per riviste ed ONG a cui affianca progetti personali focalizzati sul sociale, sui diritti umani e sull’ambiente. A Mantova propone un crudo documentario fotografico sulla boxe infantile praticata in Tailandia: una serie di immagini in bianco e nero che documentano la durezza dei combattimenti minorili di boxe e lo sfruttamento ad essi connessi. Le foto mostrano non solo la violenza del ring, ma anche la pressione psicologica che va di pari passo con la competizione sfrenata. Bambini e bambine si allenano portando il loro corpo e la loro mente al limite, mentre vestono gli abiti di lottatori adulti.

Annalisa Natali Murri
Cinderellas
Fotografa freelance italiana, dopo il diploma alla scuola di fotografia architettonica ed urbana ed una laurea in ingegneria, avvia una serie di progetti personali e documentaristici, ispirati a questioni sociali ed alle loro conseguenze psicologiche. Alla Biennale porta un intenso lavoro sulle Hijras transessuali del Bangladesh, un tempo venerate e rispettate per la loro appartenenza al “terzo genere”, oggigiorno queste donne transgender soffrono invece gravi situazioni di povertà e negazioni di diritti, trovandosi costrette a prostituirsi per sopravvivere. Ma non è la tragedia di queste discriminazioni che ci viene mostrata nelle immagini in bianco e nero di Murri. Il suo ritratto delle Hijiras è piuttosto un incontro intimo, silenzioso e profondamente rispettoso.

Claudia Corrent
Vorrei
Bolzanina con una passione per la fotografia sin da giovanissima, studia filosofa, approfondendo simultaneamente l’aspetto comunicativo ed estetico dell’immagine. Cogliere il Genius loci paesaggistico è la sua missione principale. Esplorando il concetto di “vita laburista”, i dittici del progetto Vorrei ritraggono adolescenti studenti di una scuola professionale.

Daro Sulakauri
The Black Gold
Studia cinema e fotografia a Tbilisi, in Georgia, per poi diplomarsi in fotogiornalismo documentaristico all’ICP di New York. The Black Gold ci porta nel vivo delle condizioni lavorative dei minatori georgiani di Chiatura: ogni giorno gli uomini si avviano verso le miniere, lavorando in condizioni durissime e pericolose per 8-12 ore al giorno per un salario di 270 dollari. Il progetto è accompagnato da un’installazione video.

Stefania Prandi

Nausicaa Giulia Bianchi
Women Priests Project
Fotografa documentarista profondamente orientata sui temi della spiritualità legata al femminile e al divino. Il suo lavoro documenta la missione di “disobbedienza”, rinnovamento e spiritualità condotta dalle donne prete.

Eliza Bennett
A Woman’s work is never done
Autrice inglese con un Master of Fine Arts alla London Art School porta un progetto sul ricamo che è tradizionalmente associato all’idea di lavoro femminile, inteso come opera minuziosa e agile, distante dalla fatica fisica del lavoro maschile. Eliza Bennett utilizza lo strato superiore della sua pelle come tessuto da ricamo sovvertendo così la contrapposizione tra lavoro maschile e femminile. Attraverso l’uso di una tecnica considerata femminile, l’artista restituisce l’immagine rappresentativa delle mani di donne impiegate in occupazioni ancillari e invisibili alla società, mostrando come il lavoro delle donne sia ben lungi dall’essere facile e leggero. Il suo progetto prevede un’installazione video.

Erika Larsen
Quinhagak. Works between 2015-2019
Fotografa e narratrice statunitense è molto nota per i suoi saggi. Documenta le culture che mantengono stretti legami con la natura “dove il paesaggio è estremamente importante per le persone”. Le sue opere sono esposte in mostre monografiche e collettive in gallerie di New York, Washington, Phoenix, Los Angeles, Mosca, Barcellona, Bologna e molte altre città. Il lavoro che porta è ambientato a Quinhagak, la quale si trova sul fiume Kanektok sulla riva est della baia di Kuskokwim, meno di un miglio dalla costa del Mare di Bering in Alaska, dove Larsen è tornata regolarmente durante gli ultimi quattro anni. Le immagini prodotte sono note del tempo che ha trascorso in questi luoghi, un tempo - parte di una storia collettiva - che, sommandosi, forma un’unione di tempi sovrapposti.

Effendi_Transylvania
Betty Colombo
La Riparazione, progetto realizzato con Save the Planet e Canon
Classe 1975, è una fotoreporter italiana che lavora con le principali testate giornalistiche italiane e straniere occupandosi prevalentemente di reportage di viaggio e attualità. Il rapporto tra uomo e natura è qualcosa di controverso e stupefacente. La Terra cambia, un po’ per se stessa e molto a causa nostra. Ma il pianeta sa muoversi per auto-ripararsi e così cerca di fare l’uomo. L’uomo distrugge il pianeta e poi lo cura, entrambi si feriscono a vicenda per poi aggiustarsi. Questo lavoro parla di riparazione; riparare il guasto per conservare al posto di cambiare. Quattro finestre su altrettanti momenti in cui l’uomo e la natura cercano un dialogo per la salvezza comune. Quattro serie raccontano un territorio colpito da un incendio, un trapianto di polmoni, il salvataggio di un animale, un intervento di chirurgia plastica a seguito di un’ustione.

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