In nome di Ipazia. Riflessioni sul destino femminile di Dacia Maraini

Talvolta sento il bisogno di rileggere le parole di Oriana Fallaci in una intervista del '75 dopo l'uscita del libro Lettera a un bambino mai nato. E ne sento il bisogno perché le sue parole mi danno la possibilità di riflettere sulla storia della condizione femminile e sulla strada fatta fino ad oggi (l'attualità e il coraggio del pensiero di Fallaci sono alcuni degli aspetti che più ammiro e che mi affascinano). 


Ecco, le sue parole le ho rilette anche dopo aver concluso l'ultimo libro di Dacia Maraini, In nome di Ipazia (Solferino, 2023). Una raccolta di articoli scritti per lo più per il Corriere della Sera (salvo diverse indicazioni) che coprono un arco temporale di una cinquantina d'anni. Si va dalla fine degli anni Sessanta fino agli articoli più recenti. 




Il fil rouge che unisce questi scritti è già nel sottotitolo del libro: Riflessioni sul destino femminile. Ritorna quella riflessione che mi accompagna ogni volta che rileggo l'intervista di Oriana Fallaci. Tuttavia, questa volta la riflessione sollecitata dalle parole di Maraini affonda la lama ancora di più in profondità, in quella relazione madre-figlia già raccontata da Luce Irigaray che coinvolge il corpo e il linguaggio. E' proprio dal rapporto con la madre che Dacia Maraini fa risalire la costruzione filologica di questo libro. Topazia, madre intrepida e decisa, madre ardimentosa come viene descritta dalla stessa Maraini. Topazia per il suo temperamento e per il suo coraggio ricorda alla figlia Dacia altre donne della storia, fra tutte Ipazia, la prima scienziata a teorizzare che la Terra non è al centro dell'Universo ma uno dei Pianeti che girano attorno al sole. Ipazia conoscerà la morte per aver espresso il suo pensiero frutto di anni di studi. 


Scrive Maraini: "Il nome di Ipazia per me significa riferirmi a un modello di gioiosa e serena fermezza d'animo, quella che ho potuto conoscere in famiglia durante la mia dolorosa infanzia giapponese. Molti mi hanno chiesto e me lo chiedono ancora: ma valeva veramente la pena di rischiare la vita delle figlie bambine per difendere le proprie idee? La mia risposta è sì. Forse perché sento ancora la voce di mia madre che sorridendo dice: non importa quello che dicono gli altri, ma la prima fedeltà alle proprie idee viene da te, accompagnata dalla stima per te stessa. E questa stima devi tenerla sempre alta".


Gli articoli raccolti in questo libro sono una disamina sul destino femminile, uno sguardo attento, coraggioso, coerente con il pensiero e l'attivismo di Maraini fin dall'inizio della sua carriera letteraria. Leggendo si ha come l'impressione di ripercorrere la storia della condizione femminile racchiusa in un racconto accorato, mai melenso, lucido e puntuale, attento ad ogni sfumatura storica e politica, ma soprattutto un racconto in grado di restituire voce e corpo alle donne, quella stessa voce e quello stesso corpo più volte sottratti e maltrattati, annientati dal patriarcato e da una visione fallocentrica che ha influenzato intere generazioni (anche femminili). Non mancano le riflessioni sul significato di libertà della donna, del corpo femminile, sulla presa di coscienza di quel corpo, sul significato di famiglia, così come non mancano gli scritti sulle donne coraggiose e sulle battaglie storiche.


Una lettura che riconcilia con la storia, con il (mio) concetto di essere e diventare donna. Una lettura lontana dalla retorica patinata di certi femminismi dell'ultima ora che sembrano aver scordato proprio le battaglie storiche, troppo impegnati ad incensare le mode e i protagonisti del momento senza accorgersi che proprio questi alimentano gli stereotipi sui quali si basa buona parte del patriarcato. E' bene, di tanto in tanto, ricordarsi da dove veniamo e la strada fatta fino ad oggi perché solo in questo modo, solo recuperando la memoria possiamo avere un atteggiamento consapevole sviluppando un pensiero che sia veramente critico "verso tutte le forme di reificazione dell'essere umano".

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