La straniera di Claudia Durastanti edito da La Nave di Teseo nella cinquina del Premio Strega

La storia sorregge un linguaggio pacato ed equilibrato, un linguaggio lontano dal sofismo stilistico e dalla ricerca, forsennata, di sentimenti contrastanti, talvolta scagliati con violenza e gettati tra le mani di personaggi inconsapevoli. La straniera di Claudia Durastanti (La Nave di Teseo), tra i cinque finalisti del Premio Strega, si allontana dalla veemenza dei romanzi precedenti e abbraccia una storia modulata da avventure intimistiche in cui la componente autobiografica si fonda con il racconto puro, la realtà viene distorta a favore della narrazione letteraria.


Si tratta del racconto di una famiglia, dai nonni ai genitori fino ad arrivare alla protagonista: ogni ricordo è una diapositiva che si sofferma nei luoghi rappresentativi della vita stessa dei suoi avi. Da Brooklyn alla Basilicata per poi lasciare nuovamente l'Italia: flussi migratori che portano la protagonista a individuare nei luoghi le caratteristiche che hanno identificato, nel tempo, la sua famiglia. Ad emergere, come personaggi, saranno i genitori entrambi sordi i quali, attraverso la loro disabilità, si muovono in terre talvolta sconosciute cercando nella geografia dei luoghi una cartina emotiva che possa riconciliarli non tanto con la terra quanto con loro stessi.

Ecco che si sovrappone la mappa emotiva e la cartina geografica che corrisponde agli spostamenti di questa famiglia. In questo gioco di sovrapposizioni, ci si domanda se i personaggi siano in cerca di un adattamento in base al quotidiano circostante. Ma quanto cambiamo realmente in relazione al cambiare dell'ambiente esterno? Durante la lettura del romanzo della Durastanti, tra indagini famigliari e discesa agli "inferi" (con piglio disilluso ma non distante) ci si chiede, quindi, se le proprie origini, le proprie radici, siano insite in ognuno di noi oppure sottoposte (e condizionate) al possesso di un luogo e all'inserimento (forzato o meno) nello stesso.

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