La profondità dei tradimenti nell'ultimo libro di Marco Missiroli, Fedeltà (Einaudi)
Siamo sicuri che resistere a una tentazione significhi essere fedeli? E se quella rinuncia rappresentasse il tradimento della nostra indole più profonda?
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Sono gli interrogativi che ci pone il libro di Marco Missiroli, Fedeltà (Einaudi) tra i nominati al Premio Strega (e a mio modesto parere, papabile finalista insieme a Durastanti, Terranova, Cibrario, e Scurati).
Alla fluidità della storia, che si dipana tra Milano e Rimini, si accosta una struttura narrativa caratterizzata da un forte impatto emotivo che crea, nel lettore, un effetto di immersione e coinvolgimento. La narrazione procede per immagini, ricordi, rievocazioni: la dilatazione del tempo non rallenta il ritmo della storia.
Un matrimonio, quello tra Carlo e Margherita, che risente di una mancanza. Entrambi sono alla ricerca di qualcosa che possa riempire un vuoto interiore, una frustrazione, un'insoddisfazione. L'uno si nasconde nella giovinezza di una sua studentessa, l'altra nella bellezza imperfetta e nel carattere scostante del suo fisioterapista. Inconsapevoli di quello che sta accadendo e delle ripercussioni che potrebbero avere sul loro rapporto, Carlo e Margherita si rifugiano in momenti di piacere occasionale che non risolvono il tumulto interno ma accrescono gli interrogativi.
Carlo è il personaggio più combattuto, il maschio che si sente talvolta impotente, incapace di ascoltarsi e quindi di capire cosa realmente vorrebbe portare a termine.
La dilatazione del tempo. Nella seconda parte del libro compare il figlio di Carlo e Margherita, la loro casa comprata con l'inganno, l'incidente sulle scale di casa che comprometterà la salute della madre di Margherita: la vita si srotola nel suo inesorabile divenire.
A distanza di anni quali sono i tradimenti che realmente dobbiamo temere? Sono quelli che infliggiamo all'Altro o quelli verso noi stessi?
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