sabato 6 dicembre 2025

Sulle pratiche femministe

 

“Quando ho iniziato a occuparmi di femminismo francese nei primi anni '80, penso non fossi affatto interessata a lei (Luce Irigaray) perché mi sembrava un'essenzialista, un termine che allora usavamo con molta facilità, quando pensavamo di sapere cosa significasse. Alla fine degli anni '80, ho iniziato a riconsiderare le mie obiezioni nei suoi confronti e ho scoperto che, tra le teoriche femministe che avevo letto, era forse la più esperta di filosofia e che il suo approccio alla filosofia era un curioso mix di lealtà e aggressione. Ed è diventata molto interessante, per me, quando ho iniziato a riflettere sulla sua pratica della mimesi critica - come si approcciava quando leggeva Freud, o quando leggeva Platone - e ho letto Speculum più e più volte, spaventata dalla sua rabbia, affascinata dalla vicinanza della sua lettura, confusa dal mimetismo del testo. Era schiava di questi testi, li stava sostituendo radicalmente, o era forse intrappolata nell'essere in entrambe le posizioni allo stesso tempo? E ho capito che qualunque cosa fosse per lei il femminile, non era una sostanza, non era una realtà spirituale che potesse essere isolata, ma aveva qualcosa a che fare con questa strana pratica di lettura, in cui lei leggeva testi che non era autorizzata a leggere, testi dai quali era esplicitamente esclusa o esplicitamente sminuita in quanto donna, e che lei leggeva comunque. E allora la domanda è: cosa significherebbe leggere da una posizione di radicale disautorizzazione per smascherare l'autorità contingente del testo? Mi è sembrata una pratica critica femminista, una pratica di lettura critica che io potevo imparare e, da quel momento in poi ho iniziato a leggerla in modo piuttosto approfondito”.

Judith Butler



venerdì 5 dicembre 2025

Simone de Beauvoir, L’età forte

 

Quando avevo conosciuto Sartre, avevo creduto di aver raggiunto tutto; accanto a lui non avrei potuto mancare di realizzarmi; adesso mi dicevo che riporre la propria salvezza su qualcuno che non sia noi stessi è il più sicuro mezzo di correre alla propria perdita. Ma insomma, perché questi rimorsi, questi terrori? Io non ero certo una femminista militante, non avevo alcuna teoria circa i diritti e i doveri della donna; come in altri tempi avevo rifiutato di essere definita “una bambina”, adesso non mi pensavo come “una donna”: ero io, ma era proprio per questo che mi sentivo in colpa. L’idea di salvezza era sopravvissuta in me alla sparizione di Dio, e la prima delle mie convinzioni era che ciascuno doveva provvedere personalmente alla propria. La contraddizione di cui soffrivo era non già di ordine sociale, ma morale, e quasi religioso. Accettar di vivere come essere secondario, come essere “relativo” sarebbe stato abbassarmi in quanto creatura umana; tutto il mio passato insorgeva contro questa degradazione.

Simone de Beauvoir, L’età forte



giovedì 4 dicembre 2025

Sulla sessualità, la memoria, la scrittura

 

La sessualità femminile: due tipi, quella che risponde + quella che prende l'iniziativa, Il sesso è sempre sia attivo (avere una dinamo dentro di sé) sia passivo (abbandonarsi),

La paura di ciò che pensa la gente — e non l’indole naturale - fa si che la maggior parte delle donne abbia bisogno di essere desiderata prima di poter desiderare.

L'amore come incorporazione, come essere incorporati. Devo resistervi. Dovrebbe esserci una tensione nel palmo della mano, come dice il maestro di ballo. Non ricevi alcun messaggio se sei floscia.

Pensare alla separazione [da Irene] come a una tensione di questo tipo.

La mente è una puttana.

Leggere per me è fare incetta, accumulare, immagazzinare per il futuro; riempire il vuoto del presente. Fare sesso e mangiare sono attività completamente diverse — piaceri in sé, per il presente — che non sono al servizio né del passato né del futuro. A loro non chiedo niente, neppure un ricordo.

La memoria è la prova. Ciò che si desidera ricordare — mentre si ricorda ancora impegnati in un’azione o un'esperienza — È corrotto.

Scrivere è un’altra attività esente da queste costrizioni, Uno sgravarsi. Un estinguere. Un estinguere il debito con la memoria.

Susan Sontag, Rinata




mercoledì 3 dicembre 2025

Sulle tracce di Medusa

Bisogna che la donna scriva dal suo corpo, che inventi la lingua imprendibile che schianti le pareti, le classi e le retoriche, le ordinanze e i codici, che sommerga, trapassi, travalichi il discorso di riserva ultimo, compreso quello che se la ride di dover dire la parola “silenzio”, quello che, mirando all’impossibile, si ferma di botto davanti alla parola “impossibile” e la scrive come “fine”. Tale è la potenza femminile che - travolgendo la sintassi, rompendo questo famigerato filo (un filo sottile sottile, dicono loro) che serve agli uomini da sostituto del cordone per assicurarsi, altrimenti non godono, che la vecchia madre sia sempre dietro di loro, a guardarli far fallo - le donne si spingeranno all’impossibile. 

Hélène Cixous, Il riso della Medusa




martedì 2 dicembre 2025

Io non domando fama, domando ascolto

In verità, al di fuori della somma di energie ch'io spendevo attorno al bambino, era in me un'incapacità sempre maggiore di vedere, di volere, di vivere: come una stanchezza morale si sovrapponeva a quella fisica, lo scontento di me stessa, il rimprovero della parte migliore di me che avevo trascurata, di quel mio io profondo e sincero, così a lungo represso, mascherato. Non era un’infermità era la deficienza fondamentale della mia vita che si faceva sentire. In me la madre non s'integrava con la donna: e le gioie e le pene purissime in essenza che mi venivano da quella cosa palpitante e rosea, contrastavano con un'instabilità, un'alterazione di languori e di esaltamenti, di desideri e di sconforti, di cui non conoscevo l'origine e che mi facevano giudicare da me stesso un essere squilibrato è incompleto. Su un libriccino segnavo le date maggiori dell'esistenza fragile e preziosa della quale vivevo e che respiravo come se fosse stata la sola aria per me vitale. Quegli appunti, insieme a notazione rapida del primo destarsi dell'intelligenza nel bimbo e delle impressioni varie che ne risentivo, sono il mio esordio di scrittrice. 


Sibilla Aleramo, Una donna




lunedì 1 dicembre 2025

Ora mi chiedo: davvero narrare è un destino?

Ora mi chiedo: davvero narrare è un destino? Avevo sette anni quando dichiarai in famiglia che volevo diventare scrittrice. Per una serie di coincidenze e di scelte ho poi onorato quel sogno ingenuo, che mi permetteva di salvarmi dai naufragi della sensibilità, mi spingeva a rafforzarmi nella disciplina, mi avviava verso un progetto di indipendenza, La parola scritta ha così dominato la mia vita. Tuttora la domina. Anche se la figura di scrittrice che immaginai da bambina si è trasformata, a causa dei profondi mutamenti sociali: omologazione, potenza dei media, mercato trionfante, globalità; ormai non coincide più con quel ruolo, quel mito. Non esiste più.  Al posto di quella figura c’è una donna come tante, la cui particolare inclinazione è di farsi assorbire dalle parole scritte e la cui esigenza è di cercare una sintesi che valga per la conoscenza e per la solitudine. Cosa intendo per sintesi? Intendo un segnale di verità, un lampo che getti una luce sul tutto. La via di chi scrive è contrassegnata da questi lampi. Da anni, tuttavia, ho smesso di chiedermi dove portano: questa è la novità. Forse ho fatto mio un pensiero di Simone Weil: «Distacco dai frutti dell'azione. Sottrarsi a questa fatalità». In mezzo al mondo cambiato continuo il lavoro che ho scelto. Per necessità, per innata fedeltà. Sono persuasa che non c’è alcun punto, nella realtà, a cui mirare come a una conquista. Mi aspetto gioia e sorpresa solo da quei lampi di cui ho detto prima: per loro guardo attentamente oltre i disordini e i mutamenti. E mi tengo pronta ad afferrarli, quasi fossero stelle in fulmineo transito. Fulgide stelle che cadono nella piena estate, in mezzo alla notte. 

Grazia Livi, Narrare è un destino



mercoledì 12 novembre 2025

L’autenticità come travestimento. Quando la borghesia letteraria si reinventa proletaria

A partire dagli anni Duemila, la narrativa italiana ha conosciuto un intenso dibattito e una pratica sempre più ibrida tra fiction e non fiction. Questa svolta nasce come reazione a due tendenze convergenti: da un lato la “fiction diffusa” dei media, che ha saturato il linguaggio del reale rendendo necessaria una riconquista di verità; dall’altro, l’eredità postmoderna, che ha svuotato i generi letterari riducendoli a gusci formali e citazionisti.


In questo clima, gli scrittori si sono mossi lungo un continuum tra verosimiglianza documentaria e invenzione narrativa, rinegoziando di volta in volta il rapporto con la realtà. Alcuni hanno scelto la via dell’esperienza diretta e del rigore testimoniale, rifiutando esplicitamente l’invenzione e facendo della scrittura un atto di conoscenza e di responsabilità morale. Altri hanno difeso la finzione come strumento per avvicinarsi alla verità attraverso l’immaginazione e la polifonia dei punti di vista. Accanto a queste posizioni si è affermato il fenomeno dell’autofinzione, che tenta di unire verità e invenzione in un’unica forma. 

Di questo, e in maniera ancora più dettagliata e approfondita, ne hanno parlato Morena Marsilio ed Emanuele Zinato in un lungo saggio apparso dieci anni fa nel numero 18 della rivista Ulisse. All’epoca ci si interrogava sulle nuove forme di poetica e le modalità con cui gli autori e le autrici del nuovo millennio formulavano e dichiaravano la propria visione della scrittura. Era un momento di fermento e gli interrogativi sembravano amplificare la curiosità e il bisogno di scoprire, di sapere in quale direzione si stava andando, anche di sperimentare, una lingua, uno stile, una nuova postura.


Fiume Oglio, argini della località Casale. San Martino Dall’Argine

              Fiume Oglio, argini. Località Casale. San Martino Dall’Argine. Foto tratta dal mio libro Ritorno in Pianura, Ticinum Editore


In questo scenario, il nodo centrale non sarebbe più stato la distinzione tra fiction e non fiction, ma la loro fusione che, in tempi ancora più recenti, ha aperto la strada a una nuova estetica del vero, in cui l’autore diventa non più inventore di mondi, ma testimone di sé stesso.

 

Nel tempo, ha preso forza e si è sviluppata la figura dello scrittore e della scrittrice “ai margini”, che fanno dell’autenticità, del vissuto e della propria presunta marginalità sociale o esistenziale un marchio di legittimità.

 

Nel campo letterario italiano contemporaneo, questa figura “ai margini” può essere letta perfettamente attraverso le categorie di Pierre Bourdieu, secondo cui ogni campo culturale è uno spazio di lotta per il riconoscimento, regolato da forme specifiche di capitale: economico, culturale, sociale e simbolico. Gli attori del campo competono non solo per accrescere il loro capitale economico e, talvolta, culturale ma anche e soprattutto per accrescere quello simbolico.


Il prestigio e la legittimità si fonda, in questo contesto, sull’autenticità della propria voce. Se chi scrive appare “vero”, vissuto, marginale o sofferente allora riuscirà ad avere un vantaggio simbolico maggiore rispetto a chi non può vantare un dolore eguale o una sofferenza paritaria.

 

È in corso un mutamento ideologico: la società letteraria, influenzata dal pensiero postcoloniale, dalle teorie femministe e dalla sociologia critica, ha iniziato a considerare moralmente e culturalmente più autentica la voce subalterna, quella che Bourdieu chiamerebbe dei dominati.

 

Sempre più spesso mi capita di assistere a una reinterpretazione della biografia da parte di alcuni scrittori e scrittrici che accentuano le difficoltà economiche, le origini periferiche, le umiliazioni subite, anche quando la loro traiettoria reale è quella di chi ha avuto accesso a capitale culturale, relazioni e contesti sociali favorevoli. 

Non si tratta di menzogna consapevole, almeno non sempre. Spesso è una forma di adattamento alle regole del campo, una gestione strategica della propria immagine per accrescere quel capitale simbolico di cui sopra, ottenere legittimità in un sistema che penalizza, o potrebbe penalizzare, il privilegio.


Alcune scuole di scrittura nate negli ultimi anni, e che hanno pienamente individuato e interpretato questi codici, sono diventate luoghi di riproduzione di questo capitale simbolico e culturale. Si presentano come spazi democratici di accesso al mondo editoriale, ma in realtà selezionano chi già possiede determinate risorse: tempo, denaro, familiarità con i codici linguistici e culturali richiesti. Questi ambienti formano un habitus letterario tipicamente medio-borghese, che poi viene mascherato con un discorso di apparente marginalità per ottenere riconoscimento simbolico.


Parallelamente, il trauma è diventato una vera e propria merce narrativa. Di questo ne ha parlato Maura Baldini in un articolo su Pangea molto discusso. 

Chi non dispone di un trauma “spendibile” tende a costruirne uno letterariamente, reinterpretando episodi minori in chiave drammatica per generare empatia e prestigio morale. Il dolore, in questo senso, diventa una valuta simbolica nel mercato culturale.


Tutto ciò si traduce, rifacendomi nuovamente ai termini di Pierre Bourdieu, in una conversione di capitale. Il capitale culturale viene trasformato in capitale simbolico attraverso la rappresentazione dell’autrice o dell’autore di turno come outsider o vittima del sistema. 

È una mossa di sopravvivenza nel nuovo regime del riconoscimento, dove la borghesia letteraria non può più dirsi borghese senza perdere legittimità. 

Paradossalmente, questa strategia rischia di obnubilare le vere voci subalterne, quelle che davvero provengono da contesti svantaggiati e che spesso restano escluse dai circuiti editoriali. I falsi outsider occupano il posto simbolico destinato a chi outsider lo è davvero, saturando il discorso dell’autenticità e rendendolo una finzione condivisa.


Fingere di non avere ciò che si ha è diventato un modo per apparire più autentici in un mondo (editoriale e non solo) che diffida sempre più del privilegio. È la forma più sottile e contemporanea di distinzione: quella in cui il privilegio, invece di essere ostentato, si dissimula per continuare a funzionare.

E in tutto questo, mi chiedo (e vi chiedo) quando la sincerità diventa una posa, è ancora possibile credere all’autenticità letteraria?


martedì 4 novembre 2025

L'infanzia contro. Il caso di Eddy Bellegueule di Édouard Louis

 

“In realtà la ribellione contro i miei genitori, contro la povertà, contro la mia classe sociale e il suo razzismo, la sua violenza, i suoi riti, sono venuti dopo. Perché prima della mia rivolta contro il mondo della mia infanzia, è stato il mondo della mia infanzia a rivoltarsi contro di me. Troppo presto, infatti, sono diventato per la mia famiglia e per gli altri un motivo di vergogna, persino di disgusto. Non ho avuto altra scelta che scappare. E questo libro è il mio tentativo di comprendere”.



Romanzo d’esordio di Édouard Louis, Il caso di Eddy Bellegueule si impone fin da subito in Francia come un vero e proprio caso editoriale. È un testo che porta al centro della scena letteraria le dinamiche sociali e culturali che alimentano l’emarginazione, mostrando come esse siano il prodotto di un sistema sociale oppressivo. Atto politico e testimonianza personale, il libro ruota attorno alla storia dello scrittore che, attraverso il suo alter ego Eddy, racconta un’infanzia e un’adolescenza difficili in un villaggio operaio del nord della Francia. È un mondo segnato dalla povertà, dall’alcolismo, dal razzismo e da una mascolinità tossica. Fin da piccolo, Eddy si scopre diverso, sensibile, effeminato, vulnerabile, e per questo diventa oggetto di derisione, isolamento e violenza, anche da parte della sua stessa famiglia. La scrittura, così essenziale e chirurgica, restituisce con forza e autenticità la durezza di quel contesto, trasformando il romanzo in un documento umano e sociologico di grande potenza.


Scrittore impegnato, vicino per tematiche e visione a Didier Eribon, Édouard Louis si è presto affermato come un intellettuale che crede nella letteratura “confrontazionale” ovvero una letteratura che non si limita a evocare, ma osa dire la verità sul mondo, facendo dell’impegno politico una dimensione intrinseca dell’arte stessa. Già da questo esordio, si intravede quella che sarà la riflessione più ampia sulla responsabilità sociale che lo accompagnerà negli scritti successivi. Louis riconosce che la responsabilità maggiore ricade su chi detiene il potere e le risorse, e crede, pertanto, in una forma di “giustizia di classe al contrario”, che invita a guardare la disuguaglianza come scelta collettiva di chi ne trae vantaggio.


Eddy Bellegueule riesce ad andarsene da quel mondo, un’uscita segnata dalla ferita, dal dolore di chi deve abbandonare tutto per salvarsi. Louis ce lo racconta con lucidità mostrando come ogni passo verso la libertà comporti una distanza sempre più incolmabile da ciò che si è stati, perché, come dice lui stesso, “dal momento in cui inizi a scrivere, non fai più parte della classe operaia”.

giovedì 30 ottobre 2025

«Il sesso senza consenso è stupro»: cosa è cambiato in Francia

 

Il Parlamento francese ha approvato in via definitiva una riforma che inserisce esplicitamente la nozione di “non consentement” nel Code pénal in materia di stupro e aggressioni sessuali, stabilendo che costituisce aggressione sessuale “qualsiasi atto sessuale non consentito” (“Tout acte sexuel non consenti”). 

La legge chiarisce che il consenso dev’essere libero, informato, specifico, preventivo e revocabile, e precisa che il silenzio o la semplice assenza di reazione non possono essere interpretati come consenso. In passato, il diritto penale francese definiva la violenza principalmente attraverso la presenza di costrizione, minaccia o sorpresa, senza però assumere il consenso come criterio positivo esplicito. 



Il cambiamento va oltre una revisione terminologica: afferma che è la presenza del consenso, e non soltanto l’assenza di forzatura, a essere centrale nella qualificazione del reato. In tal modo il quadro normativo si allinea agli standard internazionali che richiedono il consenso esplicito, rafforza la tutela delle vittime che non hanno acconsentito pur in assenza di violenza manifesta e invia un messaggio culturale netto: la sessualità senza consenso è un reato. 


Le ricadute pratiche riguarderanno l’intera filiera giudiziaria: per inquirenti, magistrati e giurati la fattispecie diventa più chiara e, laddove si dimostri l’assenza di consenso, potrà risultare meno necessario provare elementi come violenza o minaccia; sul piano preventivo ed educativo, la riforma potrà sostenere campagne di sensibilizzazione e percorsi formativi; sul piano giurisprudenziale, si aprono spazi interpretativi, ad esempio per i casi di consenso revocato durante l’atto o annullato da manipolazione. 


Restano, tuttavia, alcune sfide delicate: la prova del carattere libero, informato e specifico del consenso; la valutazione di situazioni in cui il silenzio, la mancanza di resistenza, l’alcol o sostanze incidono sulla libertà di autodeterminazione; la necessità di un’adeguata formazione delle forze dell’ordine e degli operatori della giustizia; la verifica dell’impatto reale in termini di condanne e protezione effettiva delle vittime. 


In questo dibattito si inserisce anche il riferimento all’ “Affaire Gisèle Pélicot” (dopo la sua denuncia e il rifiuto dell’anonimato, il racconto della violenza sessuale non è più tornato quello di prima. «La vergogna deve cambiare lato» aveva detto Gisèle Pelicot), caso che ha messo in luce dinamiche di potere e manipolazione e ha contribuito a spingere verso una ridefinizione del consenso. 


Con questa riforma la Francia compie un passo storico: il consenso non è più implicito o secondario, ma l’elemento cardine. Il messaggio è chiaro: senza consenso è stupro. 


La sfida ora passa all’applicazione concreta nei tribunali e all’effetto che la norma avrà sulla tutela delle vittime e sul cambiamento culturale.

domenica 26 ottobre 2025

Venezia 82, François Ozon rilegge «Lo straniero» di Albert Camus

Alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia François Ozon ha portato sul grande schermo “Lo straniero” di Albert Camus, scegliendo un bianco e nero netto che rispecchia l’orizzonte morale del romanzo. Sin dalle prime immagini il film torna al cuore della storia: Meursault, l’uomo dell’indifferenza, che osserva il mondo senza cercarvi un senso, fino all’atto che lo scaraventa davanti alla giustizia degli uomini.



 

Ozon non aggiorna Camus: lo attraversa. La regia asciutta, i dialoghi essenziali e l’uso della luce scolpiscono un’Algeria mentale più che geografica, dove la distanza emotiva del protagonista diventa il vero campo di battaglia. Il processo, cardine del racconto, è filmato come un rito collettivo che pretende significati là dove Meursault offre solo constatazioni; è qui che emergono con forza i temi di responsabilità, verità e sguardo dell’altro.

 

La prova attoriale al centro del film lavora per sottrazione, rinunciando alle inflessioni psicologiche più facili per restituire l’enigma dell’assurdo. Ne risulta un adattamento fedele allo spirito e personale nella forma, capace di parlare al presente senza didascalie: un ponte fra la letteratura del Novecento e le domande, ancora aperte, che riguardano la colpa, significato dell'esistenza e la libertà.

 


sabato 11 ottobre 2025

Annie Ernaux premiata a Genova con il Premio Europeo Rapallo BPER Banca 2025

Annie Ernaux, Premio Nobel per la Letteratura 2022, sarà protagonista a Genova, a Palazzo Ducale per ricevere il Premio Europeo Rapallo BPER Banca 2025 nel corso di una cerimonia pubblica in programma martedì 28 ottobre nella Sala del Maggior Consiglio.



Il Premio Europeo Rapallo BPER Banca è promosso dalla Città di Rapallo con il sostegno di BPER Banca e gode del patrocinio della Commissione Europea Rappresentanza in Italia e della collaborazione di Coop Liguria. Il riconoscimento, assegnato ogni anno alla “migliore scrittrice europea”, celebra il valore delle voci femminili nella narrativa contemporanea.

Nel corso della serata, Annie Ernaux dialogherà con due delle giurate del Premio, Nadia Terranova e Margherita Rubino. L’incontro offrirà al pubblico l’occasione di riflettere sui temi centrali della sua opera, come la memoria personale, la condizione femminile e il rapporto tra autobiografia e storia collettiva, affrontati in libri ormai diventati classici come Gli anni, Il ragazzo e Perdersi. Un riconoscimento internazionale per la scrittura femminile.

La consegna del premio sarà affidata alla Sindaca di Rapallo, Elisabetta Ricci, alla presenza di rappresentanti istituzionali e dei partner dell’iniziativa.

Con il suo stile essenziale e diretto, Ernaux ha trasformato l’esperienza individuale in racconto universale, rendendo la propria voce una delle più riconoscibili e influenti della letteratura europea contemporanea.

mercoledì 24 settembre 2025

Scrivere per immagini. Il fototesto letterario (1928-2024)

La decima edizione del Laboratorio Malatestiano, promosso dalla Fondazione Sigismondo Malatesta, si svolge nella suggestiva cornice della Rocca Malatestiana a Santarcangelo di Romagna dal 26 al 27 settembre. Il convegno, dal titolo Scrivere per immagini: il fototesto letterario (1928-2024), esplora il rapporto ibrido e dialogico fra parola e fotografia, indagando come i due linguaggi, testuale e visivo, possano cooperare per costruire forme narrative e poetiche nuove. 




Nato negli anni Venti del Novecento, il fototesto ha trovato le sue prime espressioni significative con le sperimentazioni di André Breton e Virginia Woolf, per poi affermarsi anche in ambito saggistico con opere fondamentali come La chambre claire di Roland Barthes. Negli ultimi decenni, la crescente diffusione delle pratiche autobiografiche e della non fiction ha favorito una straordinaria espansione di questa forma, sia nella narrativa sia nella poesia, in un contesto culturale segnato dalla proliferazione incessante delle immagini.

Tra i contributi figura un intervento di Ornella Tajani dedicato ad Annie Ernaux, che si colloca idealmente al crocevia tra scrittura autobiografica e memoria visiva, un tema ben allineato con le questioni del fototesto. 

Coordinato da Elisabetta Abignente, Carmen Gallo e Teresa Lussone, il convegno invita studiosi e appassionati a riflettere su come il fototesto possa trasformare le convenzioni della letteratura e delle arti visive. 

Qui il programma completo. Si può partecipare contattando la segreteria. 

giovedì 18 settembre 2025

Variazioni Ernaux. Noi e Annie al Teatro Vascello di Roma

Dopo il successo ottenuto negli ultimi due anni, torna al Teatro Vascello di Roma il progetto Variazioni Ernaux, dedicato all’opera della scrittrice francese Premio Nobel per la Letteratura nel 2022. Nel 2024 la compagnia aveva presentato Je me souviens... trois hommes, spettacolo che attraversava la vita sentimentale di Annie Ernaux ispirandosi a tre suoi celebri testi: La donna gelata, Passione semplice e Il ragazzo.


Ora, all’interno della rassegna Monolocale Carini, le attrici portano in scena Noi e Annie: un nuovo capitolo che amplia e arricchisce l’esperienza artistica già avviata, intrecciando letture e riflessioni nate a partire da Gli anni e dal dibattito critico che accompagna l’opera della scrittrice.


Sul palco Arianna Ninchi, Francesca Fava e Anna Paola Vellaccio, con la partecipazione di Giulia Basel, in un percorso teatrale che unisce memoria personale, narrazione collettiva e la scrittura limpida e spietata di Annie Ernaux.




Omaggio a Ida Magli: al Vittoriale il convegno per il centenario

Il Vittoriale degli Italiani ospita nel fine settimana il convegno Omaggio a Ida Magli, iniziativa che celebra i cento anni dalla nascita dell’antropologa e filosofa italiana (Roma, 5 gennaio 1925 – 21 febbraio 2016). L’evento si svolge in un luogo particolarmente significativo: il Vittoriale custodisce infatti il Mausoleo dove la studiosa è sepolta e il suo archivio personale, donato alla Fondazione.


Il convegno si propone di riportare al centro del dibattito pubblico la figura di una delle intellettuali più originali e controcorrente del Novecento. Magli ha applicato l’antropologia culturale allo studio delle società europee, indagando miti, sacralità, identità culturali e ruolo delle donne. Negli ultimi anni della sua attività ha sollevato critiche radicali verso la retorica dominante, anticipando riflessioni oggi attualissime sulla crisi dell’Occidente e sulla perdita delle radici culturali.


Il programma, articolato in due giornate, affronterà temi che spaziano dalla “liberazione dell’università” alla “voce silenziosa delle donne”, fino a riletture di testi fondamentali.

Sabato pomeriggio è previsto un omaggio al Mausoleo, seguito dai saluti istituzionali. Domenica mattina le sessioni si apriranno con una serie di interventi che esploreranno l’eredità di Ida Magli in rapporto all’Europa contemporanea, alle culture mediterranee e alle sfide del nostro tempo.




Programma delle giornate

SABATO 20 SETTEMBRE ORE 16.00:

Mausoleo: alzabandiera ed omaggio floreale

Auditorium: Inizio del convegno – moderano Barbara Palombelli e Giordano Bruno Guerri

Gli interventi del pomeriggio sono: Barbara Pavarotti – “Ida Magli, lʼantropologa rivoluzionaria”, Maria Vincenza Zongoli – “Il filo rosso dellʼantropologia magliana. Il sacro, la potenza della parola e la prigione dellʼovvio”, Elena Bacchi – “Alla ricerca della voce silenziosa delle donne”, Pierfranco Bruni e Marilena Cavallo –“Ida Magli. Cercatrice di verità”, Paolo Restuccia – “La liberazione dellʼuniversità”, Maria Grazia Quieti – “ Ida Magli: un pensiero aurorale”, Patrizia Tocci –“Ida Magli, uomini e donne della penitenza: studio di un modello antropologico medievale.”, Maurizio Messina – “Curiosità etniche e pólemos esistenziale”, Silverio Guanti – “Ida Magli: unʼantropologa liberamente autentica. Un ricordo, una lettera, una poesia.”.


DOMENICA 21 SETTEMBRE ORE 10.00:

Auditorium: Inizio del convegno – moderano Barbara Palombelli e Giordano Bruno Guerri

Gli interventi della mattinata sono: Rosaria Impenna – “Ida Magli ci manca terribilmente…”, Marina Mascetti – “Ida Magli: vedere la verità oltre le apparenze”, Mario Anelli – “Storia di un’anima.”, Maria Luisa Ciminelli – “Il pene e la cultura: lʼipotesi più scandalosa di Ida Magli alla luce dell’antropologia cognitiva”, Mattia Moretta – “Il mulino di Ida (per nutrire l’intelligenza)”, Lidia Sella – “Sul Monte Ida”, Maria Luisa Falconi – “Ri-studiare Ida Magli”, Rossella Galletti – “Lʼantropologa che disvelò lʼOvvio.”, Nico Carlucci – “Ida Magli e il concetto di cultura nella Storia”, Raffaello Volpe – “Un insolito centenario al di fuori del sacro”


martedì 16 settembre 2025

In uscita la nuova collana Annie Ernaux International Studies edita da De Gruyter Brill

De Gruyter Brill annuncia la prossima uscita della collana Annie Ernaux International Studies, un progetto accademico internazionale che intende offrire uno spazio strutturato, sostenibile e interdisciplinare alla ricerca dedicata all’opera di Annie Ernaux, premio Nobel per la Letteratura 2022.


La collana accoglierà saggi, volumi monografici e contributi tematici volti a esplorare la ricezione di Ernaux non solo in ambito letterario, ma anche nel teatro, nelle arti visive, nella performance e nelle scienze sociali. L’obiettivo è creare un luogo di riferimento stabile per gli studi ernauxiani, favorendo il dialogo tra discipline, generazioni di studiosi e prospettive culturali diverse.



Il primo volume è diretto da Michèle Bacholle (Ph.D., professoressa di studi francesi presso la Connecticut State University. Pubblica su scrittrici e registe francesi contemporanee, tra cui Linda Lê, Chloé Delaume, Céline Sciamma, Julia Ducournau e, più significativamente, Annie Ernaux. Oltre al suo libro Annie Ernaux de la perte au corps glorieux del 2011, ha pubblicato l'e-museum Annie Ernaux, 2021-2023) e Jacqueline Dougherty, (Ph.D., docente di Lingue Straniere e Assistente Editoriale per il French Forum presso l'Università della Pennsylvania. È specializzata in letteratura francese contemporanea, con particolare attenzione ad Annie Ernaux). 

All’interno dell’Editorial Board internazionale ho l’onore di rappresentare l’Italia. Nel primo volume contribuirò con un saggio dedicato alla trasposizione teatrale italiana di Memoria di ragazza, realizzata da Daria Deflorian, Monica Piseddu e Monica Demuru. La mia ricerca indaga il dialogo tra l’opera di Ernaux e il contesto sociale e femminista contemporaneo in Italia, mettendo in evidenza il valore politico e culturale di questo adattamento scenico. Il saggio intende evidenziare come questo adattamento abbia ampliato la portata della narrazione di Annie Ernaux, coinvolgendo il pubblico in un dialogo sulla condizione contemporanea delle donne, sul significato dell’essere e del diventare donna, sui vincoli sociali che ancora imprigionano il corpo femminile e sulle parole che legittimano la sottomissione o conducono alla conoscenza e alla rivendicazione della propria storia.


La nascita di Annie Ernaux International Studies rappresenta un passo fondamentale per consolidare gli studi ernauxiani a livello globale e per sviluppare nuove prospettive di ricerca in ambito multidisciplinare. Il primo volume, insieme all’intera collana, si propone infatti di aprire nuove strade di indagine critica e culturale, valorizzando la capacità dell’opera di Ernaux di dialogare con discipline diverse e con contesti sociali e politici contemporanei.

lunedì 15 settembre 2025

Questo mio corpo in libreria dal 15 settembre

 Questo mio corpo, pubblicato dalla casa editrice Dalia edizioni, è in libreria dal 15 settembre. 




Libro di Sara Durantini
Editore: Dalia Edizioni
Data di Pubblicazione: settembre 2025
ISBN: 8899207763
Pagine: 136
Prezzo: 14,00 €

Richiedi la tua copia sul sito della casa editrice, in tutte le librerie e sulle piattaforme online:



Sinossi:

Autunno 2004. Tra le aule universitarie di Parma, la città di Milano e la campagna padana, una studentessa di vent’anni inizia a scrivere il proprio corpo, interrogandone i desideri, le ferite, i silenzi. Nell’età di passaggio verso la piena maturità in cui tutto è fragile e feroce, la giovane si apre all’amore, alla scoperta della sessualità, al giudizio degli altri, ma anche al peso di un consenso mai del tutto consapevole. Incontri e relazioni che segneranno profondamente il suo corpo e la sua esistenza, costringendola, anni dopo, a rimettere insieme i pezzi, a dare un nome all’innominabile.

Attraverso immagini, pagine di diario, canzoni, film e libri, la protagonista si confronta con la giovane che è stata, in un continuo dialogo tra ieri e oggi. Fotografie sbiadite, letture salvifiche e figure femminili ambigue e luminose, tra tutte Anne-Marie, la ragazza dagli occhi blu, diventano specchi attraverso cui rileggere la propria storia e il significato più profondo di essere donna.

Questo mio corpo è il racconto lucido e carnale sul desiderio, sul trauma e sull’approdo all’identità femminile, sulle invisibili ferite dell’abuso emotivo e i silenziosi meccanismi di difesa che le donne imparano a intrecciare, nel disperato tentativo di trattenere l’amore altrui. Un inno al potere della parola scritta quando finalmente rompe il silenzio. Un testamento di resistenza e consapevolezza, una finestra su chi possiamo essere, nonostante ciò che ci è stato insegnato, nonostante ciò che abbiamo vissuto.



sabato 13 settembre 2025

Filosofia e femminismo: a Milano il convegno su Luisa Muraro

Si terra all’Università Cattolica di Milano, il 20 settembre, il convegno Come quando si accende la luce, una giornata di studio interamente dedicata al pensiero di Luisa Muraro, tra le voci più autorevoli della filosofia contemporanea e del pensiero della differenza sessuale.

 

L’incontro prende le mosse dalla conversazione che apre il volume Esserci davvero (Libreria delle donne, 2025) e intende rilanciare l’opera della filosofa, mettendo a fuoco il legame tra vita, esperienza e pensiero che ha caratterizzato la sua ricerca. Nel corso della giornata, con la partecipazione anche di ospiti internazionali, saranno approfonditi i contributi di Muraro alla filosofia del linguaggio, alla ricerca storica, agli studi sulla mistica e al dibattito teorico femminista.



 

Nata a Montecchio Maggiore nel 1940, Luisa Muraro si è laureata in filosofia proprio all’Università Cattolica di Milano, luogo che assume così un significato speciale per questo evento. È tra le fondatrici della comunità filosofica femminile Diotima (1983), che ha dato un apporto decisivo all’elaborazione del pensiero politico e simbolico legato all’esperienza delle donne. La sua opera intreccia filosofia e femminismo, offrendo nuove prospettive sull’autorità, la libertà femminile e la differenza sessuale. Tra i suoi libri più influenti spicca L’ordine simbolico della madre (1991), divenuto un testo di riferimento a livello internazionale.

 

Il convegno Come quando si accende la luce si svolgerà il 20 settembre 2025 dalle ore 10.00 presso l’Università Cattolica di Milano. L’iniziativa è promossa dai Dipartimenti di Sociologia e di Storia moderna e contemporanea dell’ateneo, insieme alla Libreria delle donne di Milano e alla comunità filosofica femminile Diotima dell’Università di Verona. 


Qui il programma completo e tutte le informazioni sulla giornata.


mercoledì 3 settembre 2025

Annie Ernaux e Céline Sciamma leggono, a Isola Edipo, il testo "Da Venezia a Gaza"


Annie Ernaux e Céline Sciamma hanno letto il testo "Da Venezia a Gaza" di fronte all'Edipo Re, imbarcazione pasoliniana oggi simbolo della lotta per i diritti umani nel cuore del Festival del Cinema. Il testo, nato durante il festival di Cannes, oggi porta con sé la tragicità di quanto sta accadendo al popolo palestinese. Qui la lettura integrale.



Ernaux in questi mesi ha parlato pubblicamente più volte della questione palestinese e l'incontro alle Giornate degli autori è l'ulteriore riprova di quanto la sua scrittura sia politica e sociale. E per questo dovrebbe portare all'ascolto e al confronto soprattutto tra le giovani generazioni. 

L'incontro tra il Premio Nobel per la letteratura e la regista e sceneggiatrice francese è avvenuto in occasione della premiere di Écrire la vie – Annie Ernaux racontée par des lycéennes et des lycéens il docufilm della regista francese Claire Simon presentato alle Giornate degli Autori negli Eventi Speciali e della IX edizione del Cinema dell'inclusione tra visione e formazione promossa da Isola Edipo con le Giornate degli Autori, dedicata agli immaginari resistenti.


Écrire la vie – Annie Ernaux racontée par des lycéennes et des lycéens verrà distribuito nelle sale italiane da I Wonder Pictures in collaborazione con il dipartimento educativo di I Wonder Scuole.

mercoledì 27 agosto 2025

I ‘Journaux de bord‘ di Marguerite Yourcenar

«Le meilleur remède aux turbulences de l’esprit, c’est d’apprendre. C’est la seule chose qui ne se détériore jamais. On peut vieillir et trembler, au sens anatomique du terme; on peut veiller la nuit en écoutant le désordre de ses veines; on peut perdre son unique amour et voir s’évanouir sa fortune par la faute d’un monstre; on peut contempler le monde autour de soi dévasté par des fous dangereux, ou savoir que son honneur est piétiné dans les égouts des esprits les plus vils. Dans de telles conditions, il n’y a qu’une seule chose à faire: apprendre».


Marguerite Yourcenar, Sources II (Gallimard, 1999)




domenica 24 agosto 2025

mercoledì 20 agosto 2025

I luoghi di Georges Perec

“Ho scelto a Parigi dodici luoghi, strade, piazze, incroci, legati ad alcuni ricordi, ad eventi oppure a momenti importanti della mia esistenza. Ogni mese, descrivo due luoghi; una prima volta sul campo (in un caffè, o lungo la via stessa) descrivo “ciò che vedo”, nel modo più neutrale possibile; una seconda volta, non importa dove (a casa mia, in un caffè, in ufficio) descrivo un territorio della memoria, rievoco i ricordi legati a quel luogo, le persone che vi ho conosciuto (…). Il tempo ritrovato si confonde con il tempo perduto; il tempo si aggrappa a questo progetto, costituendone la struttura e il vincolo; il libro non è più la restituzione di un passato, ma la misura del tempo che scorre, il tempo della scrittura”.

Georges Perec, Lieux




lunedì 18 agosto 2025

Judith Godrèche porta Annie Ernaux al cinema con Mémoire de fille

Quando Judith Godrèche ha scelto di confrontarsi con Mémoire de fille, non ha soltanto abbracciato un libro, ha scelto di accogliere una ferita. Quella di Annie Ernaux, che affiora tra le pagine con la precisione dolente della memoria vera, sarà ora affidata allo sguardo cinematografico di Godrèche e al volto giovane di Maïwène Barthélémy. L’annuncio, reso pubblico tra giugno e luglio, anticipa l’inizio delle riprese previsto per questo autunno. A distanza di quindici anni dal suo primo lungometraggio, Toutes les filles pleurent, Godrèche torna dietro la macchina da presa per raccontare un’altra forma di silenzio, quello che si annida nelle prime esperienze, nei corpi che imparano a nominarsi.



Pubblicato da Gallimard nel 2016 e tradotto da L’Orma l’anno successivo, Mémoire de fille, a cui mi sento profondamente legata, rappresenta una delle tappe più nitide del percorso autosociobiografico di Annie Ernaux. L’estate del 1958 diventa il teatro di una prima separazione dal nido familiare: Ernaux, giovane educatrice in una colonia della Normandia, incrocia un incontro che le inciderà la pelle e l’anima. La materia narrativa è scabra e luminosa insieme. Si muove lungo i sentieri dell’identità, attraversa il corpo come campo di battaglia tra desiderio, vergogna e potere. E come sempre, la scrittura di Ernaux è chirurgica, quasi crudele nella sua essenzialità. Trasporre questo testo in immagini non è solo una sfida: è un atto di traduzione del dolore. E Judith Godrèche, con il suo sguardo sensibile e lucido, potrebbe restituire alla memoria il suo vero potere: quello di riscriverci, lentamente, mentre il tempo continua a scorrere.



La scelta di Maïwène Barthélémy per interpretare la protagonista non è casuale, né semplicemente artistica. Arrivata al cinema con Vingt Dieux, è stata una delle rivelazioni più sorprendenti dell’ultima stagione, al punto da conquistare il César 2025 come miglior rivelazione femminile. Il suo volto, segnato da una Francia periferica, rurale, e da una corporeità autentica, mai levigata, sembra parlare lo stesso linguaggio della scrittura di Ernaux, dove il corpo è luogo concreto della memoria, della vergogna, del desiderio. È in questo incontro tra carne e narrazione che si potrebbe creare un contrappunto vibrante tra attrice e personaggio. Anche Judith Godrèche, che in questo film firma non solo la regia ma anche la sceneggiatura, arriva a questo progetto da un territorio personale e politico intenso. Negli ultimi anni, la sua voce si è imposta come una delle più forti del movimento #MeToo in Francia: tra denunce, testimonianze e il cortometraggio Moi aussi (“all’improvviso, davanti a me c’era una folla di vittime, una realtà che rappresentava anche la Francia, tante storie di ogni estrazione sociale e generazione. Allora la domanda era: cosa ne avrei fatto? Cosa fai quando sei sopraffatto da ciò che senti, dall’enorme volume di testimonianze?”, diciotto minuti girati in una strada di Parigi riunendo un migliaio di persone, donne e uomini, che come lei hanno subito abusi sessuali), Judith Godrèche ha scelto di restare esposta, vulnerabile, e per questo ancora la sua voce e la sua arte sono ancora più incisive. In questo contesto, la trasposizione di Mémoire de fille non è solo un’operazione artistica, ma rappresenta un gesto necessario. Raccontare la storia di una giovane che si confronta con il consenso, con il desiderio e con lo sguardo sociale è oggi un atto profondamente politico, un modo per restituire voce e corpo a un’esperienza che, ancora una volta, attraversa il tempo per interrogarci sul presente.

L’adattamento di Mémoire de fille si inserisce in un dialogo già vivo tra il cinema europeo contemporaneo e l’opera di Annie Ernaux. Negli ultimi anni, la sua scrittura, affilata, quotidiana, radicalmente intima, ha ispirato film e documentari capaci di restituire la densità emotiva dei suoi testi. Passion simple (2020) di Danielle Arbid, tratto da Passione semplice; L'Événement (2021) di Audrey Diwan, Leone d’Oro a Venezia e trasposizione dell’omonimo romanzo sull’aborto clandestino; J’ai aimé vivre là di Régis Sauder con la partecipazione e testi di Annie Ernaux che ci guida nei luoghi dell’autrice a Cergy; Les Années Super 8 (2022), documentario familiare firmato dalla stessa Ernaux insieme al figlio David Ernaux-Briot, candidato al César; fino a Écrire la vie di Claire Simon, che sarà presentato alle Giornate degli Autori 2025, dove la voce dell’autrice viene reinterpretata da studenti e studentesse delle scuole francesi. A queste opere si aggiungono numerose trasposizioni teatrali, che hanno attraversato palchi italiani ed europei, portando in scena la forza cruda e limpida della parola di Ernaux. La sua scrittura, fondata sulla “verità del reale”, impone a chi la traduce in immagini una grammatica visiva altrettanto precisa, capace di camminare in equilibrio tra pudore e frontalità.

L’incontro tra la prosa di Annie Ernaux e lo sguardo di Judith Godrèche promette un film che non si limita a “trasporre” un testo, ma lo ridiscute dentro il presente francese: una società che sta rinegoziando le proprie narrazioni su potere, sessualità e memoria. E proprio per questo, sarà interessante osservare come Godrèche saprà restituire, con la sua sensibilità e l’esperienza maturata nel formato breve, il linguaggio di Ernaux sullo schermo e soprattutto quali aspetti del libro sceglierà di mettere a fuoco. Riuscirà il cinema, ancora una volta, a interrogarci su come il passato continui a vivere nel corpo, nella memoria, nella voce?


venerdì 15 agosto 2025

Finestre sul cinema. The dreamers di Bernardo Bertolucci

Corpo, politica, cinema, musica, sessualità, filosofia: erano questi gli ingredienti di quel ‘focolaio magico’ che preparò l’esplosione del Sessantotto nella vita pubblica come in quella privata. Desiderio erotico, desiderio di sapere, desiderio di esistenza unita. Personale e politico indissolubilmente legati nel sogno della rivoluzione di tutto. Altro che fallimento, polemizza Bertolucci con la sua stessa generazione che non riesce a restituire quel focolaio magico ai figli e ai nipoti: “da allora niente è stato più come prima, non c’è diritto rivendicabile oggi che non sia piantato nella libertà che ci prendemmo, senza che nessuno ce la desse, allora”.


Ida Dominijanni, settembre 2003




giovedì 14 agosto 2025

Finestre sul cinema. Bande à part di Jean-Luc Godard

Attraverso le considerevoli differenze di temperamento e di linguaggio, è qui evidente tutto ciò che avvicina Godard a Truffaut, e spesso si pensa, guardando Band à part, a una specie di Jules et Jim girato con lo spirito di Tirez sur le pianiste.


Pierre Billard, 1964



In ricordo di Sibilla Aleramo

 «Tutta la vita sono stata la refrattaria, la ribelle, oh ma inerme! “Anima mia che hai le ali ma non le armi” scrissi una volta. La società non mi perdona proprio questo, non mi perdona ch’io vada sola ed indifesa, io donna, e così condanni implicitamente, s’anche in silenzio il suo modo di essere, le sue corazze, i suoi pugnali, i suoi veleni. Non mi perdona e si vendica, ed è logico. Cioè, crede di vendicarsi, forte del suo oro, dei suoi statuti, della sua infinità viltà, S’io pervengo tuttavia a strapparle qualcosa, gli è che mi contento sempre del minimo sufficiente a salvarmi, a salvare entro di me ciò che gli altri non hanno. E la creatura selvaggia ch’io sono, quella che s’è conservata intatta malgrado abbia dovuto tante volte discendere alla pianura brulicante e miasmatica, la creatura di libertà e d’altezza, in certi giorni, come oggi, ride, ride, ride! Un’ora fa era triste, ora ride, nell’imminenza della lotta, grottesca lotta per avere un poco di materia da trasformare in essenza, essenza armoniosa, odorosa, da donare a tutti».


Sibilla Aleramo




mercoledì 13 agosto 2025

Finestre sul cinema. Jules et Jim di François Truffaut

Il successo è difficile da perdonare, soprattutto a Parigi, e quando è improvviso. Non mancava certo la gente in attesa del terzo film di François Truffaut. Saranno amaramente delusi: Jules et Jim è un enorme successo. Con Jules et Jim, Truffaut si afferma come un grande autore cinematografico, forse il primo della sua generazione.


Georges Sadoul, gennaio 1962