Per
chi non sapesse, Ipazia era una astronoma greca che abitava nella colonia romana
d’Egitto e precisamente ad Alessandria. Siamo nel quinto secolo d.C. e l’Impero
Romano, che do minava il mondo, aveva deciso da poco di adottare la religione
cristiana. Ma Ipazia non era credente, Fra una donna colta, fi. glia di un
grande filosofo, Teone, che l’aveva introdotta, bambina, ai rudimenti della
scienza. La troviamo in piazza che insegna ai giovani studenti, che frequenta
la grande e preziosa biblioteca della sua città e passa il tempo libero a
osservare le stelle. È a lei che dobbiamo l’invenzione dell’astrolabio e
dell’idroscopio, strumenti sperimentali per lo studio matematico del
firmamento. È la prima scienziata che teorizza qualcosa di inaudito per
l’epoca: ovvero che la Terra non è il centro dell’universo ma un pianeta che
gira intorno al sole in un cosmo pieno di altri sistemi solari. Questo la rende
sospetta ai neocristiani, difensori del dogma biblico, e presto cominciano le
persecuzioni da parte dei fanatici integralisti, soprattutto dei sostenitori
del vescovo Cirillo che aspirava al governo assoluto della città, al posto del
questore romano Oreste.
Un
giorno che la giovane parla di stelle davanti a un pubblico di studenti
entusiasti, viene caricata a forza su un carro dal gruppo dei Parabolani,
(setta di fanatici cristiani), strangolata e fatta a pezzi. Sembra che ancora
in vita le abbiano cavato gli occhi perché il suo sguardo si era posato eretico
sull’universo.
Sia
Antigone che Ipazia finiscono male, e sarebbe successo anche a mia madre, se la
guerra non fosse stata vinta dagli Alleati che ci hanno liberati dal campo di
prigionia giapponese. Ricordo ancora il mio spavento di bambina quando, dopo
averci contati, le guardie ci ripetevano che appena vinta la guerra ci
avrebbero tagliato la gola. Ancora oggi sogno quelle parole che mandavano in
frantumi il mio piccolo cuore di bambina. Immaginavo mia madre, mio padre e le
mie due sorelle per terra, sgozzate, e per l’angoscia mi si bloccava il
respiro. Certo, le situazioni estreme che hanno dovuto affrontare Antigone e
Ipazia non si presentano più alle donne di oggi che pensano con la propria
testa. Anche se, purtroppo, con quell’andamento inquietante della Storia che fa
un passo avanti e due indietro, ci troviamo ancora di fronte a certe pratiche
atroci. Penso per esempio alle coraggiose ragazze iraniane che si tolgono il
velo rischiando di essere arrestate. I fanatici religiosi iraniani, in nome di
un Dio geloso e punitivo, arrestano, frustano e sparano al volto e ai genitali
delle donne che pretendono, come Ipazia, di rivendicare una libertà di studio e
di pensiero non ammesso dalla gerarchia ecclesiale.
Cosa
se ne ricava? Che la fede è un meraviglioso atto d’amore, ma va tenuta
assolutamente separata dal potere costituito. Quando si pretende di imporla,
decidendo non solo i comportamenti ma perfino i pensieri e le parole delle
persone, soprattutto donne, si cade nella tirannia più odiosa e in una
brutalità
militaresca.
Comunque, molti passi avanti sono stati fatti, e il mondo vive meglio.
A
chi mi chiede dove stia questo meglio posso rispondere che la schiavitù per
esempio è stata abolita, mentre per tanti secoli è stata considerata legittima.
La ghigliottina come spettacolo di piazza è stata abrogata, i combattimenti fra
uomini e bestie, la lapidazione, la decapitazione, la tortura sono state
abrogate. C'è chi li pratica ancora, ma si tratta di abusi e suscitano
indignazione. Siamo andati avanti coi diritti civili? Sì, forse, chissà.
Il
nome di Ipazia per me significa riferirmi a un modello di gioiosa e serena
fermezza d’animo, quella che ho potuto conoscere in famiglia durante la mia
dolorosa infanzia giapponese. Molti mi hanno chiesto e me lo chiedono ancora:
ma valeva veramente la pena di rischiare la vita delle figlie bambine per
difendere le proprie idee? La mia risposta è sì. Forse perché sento ancora la
voce di mia madre che sorridendo dice: non importa quello che dicono gli altri,
ma la prima fedeltà alle proprie idee viene da te, accompagnata dalla stima per
te stessa. E questa stima devi tenerla sempre alta.
Dacia Maraini, In nome di Ipazia, -prefazione-




