sabato 19 febbraio 2022

Le donne dell'Ancien Régime: alle origini dell'emancipazione femminile francese

Il 6 marzo del 1980, Marguerite Yourcenar viene eletta all'Académie française. Il 22 gennaio dell'anno dopo, Yourcenar farà il suo ingresso all'Académie. È un evento senza precedenti.


Marguerite Yourcenar, nel discorso di apertura alla celebrazione, dopo aver ringraziato per la sentita accoglienza («come si conviene, comincio ringraziandovi per per avermi accolta tra voi con un onore senza precedenti. Non insisto -tutto questo lo sanno già - sulla gratitudine che devo agli amici che, nella vostra Compagnia, si sono premurati di eleggermi, senza che io ne avessi fatto richiesta, come sarebbe d'obbligo per consuetudine»), ricorda «une troupe invisible de femmes» e dedica a loro, a queste donne invisibili, l'onore di far parte dell'Académie française: «mi avete accolta, come ho detto. Questo io incerto e fluttuante, questa entità la cui esistenza io stessa ho contestato, e che sento davvero delimitata solo dai pochi libri che ho scritto, eccola così com'è, è circondata, accompagnata da un gruppo invisibile di donne che avrebbe dovuto, forse, aver ricevuto questo onore molto prima, al punto che sono tentata di farmi da parte per far passare le loro ombre».


Les femmes de l'Ancien Régime, «le regine dei salotti e, prima ancora dei vicoli, non pensavano di varcare la soglia della vostra Accademia, forse, se lo avessero fatto, avrebbero creduto di poter perdere la loro sovranità femminile (…) spesso riuscirono a portare uno dei loro protetti nella vostra Compagnia, un'usanza che, ne sono certa, è durata fino ai nostri giorni; a loro importava molto poco di essere nominate  all'Académie française. Non si può quindi affermare che in questa società francese così intrisa di influenze femminili, l'Accademia fosse particolarmente misogina; semplicemente si atteneva al rispetto delle usanze che ponevano volentieri le donne su un piedistallo, ma non permettevano ancora che a loro venisse offerta ufficialmente una poltrona. Perciò non ho motivo di essere orgogliosa dell'onore sì grande certo, ma quasi fortuito e da parte mia quasi involontario, che mi è stato fatto; ho più ragioni per ringraziare chi mi ha teso la mano per varcare una soglia».




Chi sono le femmes de l'Ancien Régime di cui parla Yourcenar nel suo discorso?


Catherine de Rambouillet è una delle donne dell'Ancien Régime. Di origini italiane, in seguito al matrimonio con Charles d'Angennes, ottiene i titolo di Rambouillet oltre ad altri benefici accessibili solo alle nobildonne come lo studio delle arti e delle lettere. Spettatrice, non di certo passiva, degli amori e dei fasti della Francia del 1600, Catherine de Rambouillet ha assistito alla nascita dell'Académie française sotto la guida di Richelieu. Nella sua chambre bleu riunisce poeti e scrittori, discute sulla lingua optando per una purezza del linguaggio che sia riflesso della purezza e della nobiltà d'animo (preziosismo). Sull'onda dell'entusiasmo e delle convinzioni che animano le sue riunioni, una sorta di anticipazione dei movimenti femministi europei ai quali assisteremo tra la fine del diciottesimo e l'inizio del diciannovesimo secolo, Catherine de Rambouillet fonda l'Hôtel de Rambouillet, un tempo conosciuto come Hôtel de Pisani, accanto al Louvre, al posto dell'attuale Palais-Royal, in Rue St. Thomas du Louvre. L'Hotel diventerà il primo salotto culturale di Parigi. La sua struttura, le ampie e profumate stanze illuminate da alte finestre, le attività sociali e culturali che si sviluppano tra quelle mura, gli incontri e i ricevimenti, tutto, dall'architettura ai momenti di convivialità, influenzerà i salotti letterari successivi.  



Catherine de Rambouillet


A Catherine de Rambouillet succederà Madeleine de Scudéry. Aristocratica dell'Ancien Régime nonché creatrice della carte du pays de tendre, una mappa immaginaria di un paese chiamato “Tenerezza” tratto dal suo stesso romanzo, Clélie, historie romaine del 1654. Si parte dal paese “Nuova amicizia” attraversato da un fiume di nome “Inclinazione”. Verso la sua foce si aggiungono altri due fiumi, “Riconoscenza” e “Stima”. Questi fiumi sfociano nel mare Pericoloso e la riva oltre quel mare si chiamata “terra sconosciuta”. Questo mare rappresenta la passione. Insomma, una carta dove immaginazione e sentimento diventano un tutt'uno.



Madeleine de Scudéry


Tra le femmes de l'Ancien Régime è da ricordare Madame de Sévigné, autrice di un corpus di lettere che testimoniano la sua verve letteraria oltre ad una incredibile capacità di osservazione del mondo circostante e dei rapporti umani e sociali della sua epoca. Molti sono i nomi dell'aristocrazia francese rintracciabili nelle sue lettere: Boileau, Racine, Bossuet, Mademoiselle de Scudéry, F. de la Rochefoucauld, Madame de La Fayette. Le lettere di Madame de Sévigné sono state lodate da Maupassant; stile e carattere oltre che forte congiunzione della scrittura con la vita faranno di lei una delle icone letterarie di Proust (che la riteneva sua ispiratrice) e, più tardi, di Virginia Woolf, la quale vedrà nella scrittura di de Sévigné gli albori del romanzo novecentesco. 



Madame de Sévigné



Con Madame de Lambert si può iniziare a parlare senza ombra di dubbio di femminismo. Filosofa e scrittrice, Madame de Lambert rivendica «per le donne il diritto all’istruzione, alla libertà di pensiero e di espressione». Con finezza psicologica elabora un piano educativo per le donne al fine di consentire loro di conquistare una propria individualità, rifuggendo dagli stereotipi voluti dal mondo maschile» (Rita Stefanelli Sciarpetti). Scrive Madame de Lambert: «Per tutto il tempo abbiamo trascurato l'educazione delle donne; abbiamo prestato attenzione solo a quella degli uomini. Ci siamo comportati come se le donne fossero una specie diversa. Le abbiamo abbandonate a loro stesse senza alcun aiuto e senza la minima considerazione». Nel 1710, Madame de Lambert apre quello che diventerà uno dei salotti più famosi della Francia dopo il suo predecessore all'Hôtel de Rambouillet, il salotto presso l'Hôtel de Nevers


Réflexions nouvelles sur les femmes è uno dei suoi scritti più famosi nei quali raccoglie pensieri e proposte circa il ruolo delle donne nella società. «Le donne non possono dire agli uomini: Che diritto hai di vietarci di studiare le scienze e le belle arti? Le donne che si sono dedicate a queste discipline non hanno prodotto oggetti sia sublimi che utili?». Ad appoggiare le idee di Madame de Lambert vi è il teologo Fénelon e il commediografo Marivaux. Quest'ultimo si farà portavoce della parola di de Lambert attraverso una delle sue opere, La colonie



Madame de Lambert


La colonie di Marivaux, sotto il governo di Luigi XV, metterà in scena un cambiamento che risentirà sia dei mutamenti sociali sia politici e culturali rispetto alla monarchia assoluta di Luigi XIV. La colonie racconta di un gruppo di isolani che tenta una riorganizzazione interna dove le donne hanno uguali diritti, se non superiori, rispetto agli uomini. Marivaux porta sul palco le rivendicazioni di Catherine de Rambouillet, Madame de Lambert e delle altre femmes dell'Ancien Régime. Con Marivaux si è parlato di femminismo sentimentale (Susan Read Baker, 1982) e polemica femminista (Pietro V. Conroy,1981).


Circa trent'anni dopo il salotto di Madame de Lambert, Marie-Thérèse Geoffrin darà vita al suo centro di cultura in rue Saint-Honoré. Culla delle arti e delle lettere, il salotto di Marie-Thérèse Geoffrin è un centro intellettuale in cui dominano gli enciclopedisti, filosofi, pittori, scultori, scrittori ma anche principi e politici. La sua fama la precede. Chi entra in contatto con Madame Geoffrin non può far altro che lodare e ammirare la sua cultura, la sua intelligenza e i modi appropriati di porsi in società, a suo agio in tutte le circostanza: ne scrive in questi termini lo stesso Horace Walpole



Marie-Thérèse Geoffrin


La società culturale francese trova la sua essenza proprio nell'esprit des femmes. Niente del genere si può rintracciare, nello stesso periodo storico, in Inghilterra o in Germania, tanto meno in Italia e Spagna. 


Una sera, mentre Horace Walpole esce dal salotto di Madame Geoffrin, dirà di aver trascorso la serata precedente da Madame du Deffand e di quanto la sua energia e bellezza lo abbiano travolto. Con Madame du Deffant inizia il tramonto della fama di Geoffrin. 


Come si legge nel libro di Benedetta Craveri dedicato proprio a Madame du Deffand, la dama «visse da libertina gli anni mirabilmente sventati della Reggenza; animò le feste perenni del regno di Sceaux, dedito alla tirannia dello svago; esercitò la potenza di grande salonnière nella Parigi intorno alla metà del Settecento; sostenne in modo decisivo d’Alembert, fu amica di Voltaire, ma guardò con insofferenza agli illuministi come partito; si abbandonò, cieca e settantenne, alla più intensa passione della sua vita, quella per Horace Walpole, di molto più giovane di lei; rimase fino all’ultimo lo spirito lucidissimo che scriveva a Voltaire: -Non c’è parte che si possa recitare nel teatro del mondo a cui non preferirei il nulla-. Se vogliamo respirare l’essenza più pura del Settecento non abbiamo che da aprire una delle sue lettere, le uniche paragonabili a quelle di Madame de Sévigné. Vi troviamo le peculiarità eminenti del secolo: il culto dell’intelligenza, la sovranità del gusto, il senso della naturalezza. Ma in Madame du Deffand esse sono spinte a un estremo doloroso, labili e scintillanti figure che spiccano su un fondo desertico. Perché ogni forma, per quanto perfetta, appare qui corrosa da un tarlo: il flagello della lucidità (Cioran), il riconoscimento del carattere torturante della coscienza, accompagnato dall’ossessione della noia che qui evoca la percezione acuta, cronica del nulla delle cose».



Madame du Deffand



Ad accogliere le idee femministe delle femmes de l'Ancien Régime vi sono i coniugi Nicolas de Condorcet e Sophie de Grouchy. Scrittrice e traduttrice, donna di grande cultura ed eleganza, fonda e dirige con il marito il suo salone presso il Quai di Conti nell'Hôtel des Monnaies. il salone accoglierà molti artisti e intellettuali non solo dalla Francia ma da tutta Europa (Sophie de Grouchy parlava correntemente l'inglese grazie alla sua attività di traduttrice) diventando, in poco tempo, il centro di un'Europa illuminata. 


Libertà di parola, di istruzione, libertà di matrimonio (inclusa una legge sul divorzio): sono queste alcune delle rivendicazioni delle femmes de l'Ancien Régime che trovano terreno fertile nel programma di molti repubblicani e riformatori sociali (come Sophie de Grouchy e il marito) che aspirano al crollo della monarchia e l'inizio di un governo costituzionale. La strada che porterà alla fine della Rivoluzione francese si bagnerà anche del sangue di molte donne che hanno osato prendere parola al dibattito politico e sociale in difesa dei diritti femminili: tra queste, Olympe de Gouges e Manon Roland


Con l'avvento di Napoleone, il ruolo della donna viene ridimensionato. Vengono, inoltre, cancellate le tracce delle femmes de l'Ancien Régime compresi i saloni come il primo fondato da Rambouillet o quello presso l'Hôtel de Nevers. Queste donne diventeranno, decennio dopo decennio, «une troupe invisible de femmes» ricordate, con grande coraggio, da Marguerite Yourcenar nel 1981 all'Académie française.


Come scriverà, agli inizi dell'Ottocento, Stendhal: «L'admission de la femme à l'égalité parfaite serait la marque la plus sûre de la civilisation; elle doublerait les forces intellectuelles du genre humain et ses chances de bonheur». 


Si dovranno attendere proprio i primi decenni del 1800 perché le donne riescano a prendere, nuovamente, coscienza del loro ruolo e di quanto è stato loro sottratto: George Sand, Delphine de Girardin e più tardi Colette declineranno al femminile parole e atteggiamenti un tempo esclusivamente maschili gettando le basi per un discorso sociologico e letterario del femminismo moderno e contemporaneo. 



George Sand



Parte del discorso su George Sand e le implicazioni letterarie circa le riflessioni sul ruolo della donna nella società a partire dalla metà dell'Ottocento sono contenuti nel mio ultimo, L'evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux pubblicato da 13lab Editore libro. 



sabato 12 febbraio 2022

J'ai aimé vivre là di Régis Sauder con testi di Annie Ernaux. Cinema e Letteratura insieme per un racconto corale di Cergy-Pontoise

Una voce fuori campo ci accompagna, con la sua prosa poetica, nell'osservazione. La voce ci prende per mano e, indicando la direzione, suggerisce dove guardare. Dapprima appare un monumento rosso stagliato su un paesaggio utopico, soggetto in bilico tra realtà e immaginazione tanta è la perfezione che lo caratterizza. Il campo visivo si allarga, quello che sembrava essere un singolo monumento diventa una vera e propria installazione a cielo aperto. L'Axe Majeur a Cergy-Pontoise, nella Val d'Oise, è stato progettato negli anni '80 da Ricardo Bofill e Dani Karavan. Per oltre trent'anni il progetto ha rimodulato il paesaggio naturale, traslando le originarie significazioni per giocare sul valore esoterico del numero dodici.


La telecamera si sofferma sulla Passerella rossa, sul via vai di persone che l'attraversano. Quando si ha l'impressione di scorgere l'Anfiteatro Gérard Philipe, che si trova al di sotto della passerella, mentre lo sguardo viene rapidamente condotto alle Dodici Colonne, alla Torre del Belvedere, all'Esplanade, proprio in quel momento intravediamo una figura, un'apparizione. Guardiamo quel corpo. Ascoltiamo di nuovo la voce. La voce di quel corpo. È Annie Ernaux accanto a una delle stazioni.


È da questo luogo, simbolo di un'architettura di riconciliazione tra uomo e natura, che il regista Régis Sauder ci conduce alla scoperta di Cergy attraverso il docu-film J'ai aimé vivre là con la partecipazione e i testi di Annie Ernaux (nella sale francesi dal 29 settembre 2021).




Sauder conosce da anni la forza della parola di Ernaux, quel modo di affondare nella realtà, di scavare nel quotidiano, trascinando tutto, il corpo e la mente; conosce quanto travolgente sappia essere la sua scrittura chirurgica, capace di immergersi nell'abisso del passato per risalire dalle ceneri dei ricordi salvando le immagini che altrimenti scomparirebbero.


«Quando Retour à Forbach è uscito nelle sale nel 2017, ero stato chiamato a tenere un incontro al cinema Utopia a Saint-Ouen l'Aumône, vicino a Cergy. Lei (Annie Ernaux, ndr) è venuta a vedere il film, che poi ha molto apprezzato. In seguito, ha anche scritto un testo per l'edizione DVD del film. Successivamente mi diede appuntamento. La incontrai e in quell'occasione mi disse che aveva visitato Forbach grazie al mio film e a sua volta mi propose un tour nella città di Cergy, dove lei vive da quarant'anni. Mi condusse da un posto all'altro (...). Fu per me un incontro inaudito. In modo del tutto inconsapevole, attraverso questo racconto corale della città di Cergy, Annie Ernaux mi stava invitando a fare un film».


Luogo della memoria, della ricostruzione aneddotica, Cergy attraversa i libri di Annie Ernaux. Sono proprio i suoi scritti che hanno influenzato la narrazione cinematografica di Règis Sauder, come lui stesso ha dichiarato in un'intervista: «il suo lavoro mi aveva nutrito per i film precedenti. È stata lei a inventare l'auto-socio-biografia, la narrazione della sua storia sociale attraverso tre grandi opere: La place, La Honte e Une femme. Ha scritto molto sul principio della scrittura fotografica: storie costruite a partire dall'osservazione di chi la circonda, come in Journal du dehors, La vie extérieureRegarde les lumières, mon amour».

Regarde les lumières, mon amour è in uscita nelle prossime settimane per L'Orma Editore. Guarda le luci, amore mio, così la traduzione italiana del titolo, è lo scritto che raccoglie la sfida assegnatele dall'editore francese Seuil, raconter la vie (che è anche il nome della collana, curata da Pierre Rosanvallon, a cui appartiene il libro scritto). Raccontare la vita da un punto di osservazione inusuale, dal più grande centro commerciale della Val d'Oise, Les Trois-Fontaines, significa narrare le donne e il loro ruolo nella società, narrare il mondo del lavoro, dare voce agli invisibili, significa anche fermare, attraverso una scrittura fotografica, i rapporti sociali, salvarli dall'oblio attraverso la scrittura. Il centro commerciale è un paesaggio posto ai margini. Eppure, con Ernaux, diventa il luogo privilegiato per scrivere della vita collettiva, di Cergy e dei suoi abitanti.


Voci, immagini, parole. Da Retour à Forbach, dalle letture dei libri di Ernaux, da questo innesto narrativo e letterario, Régis Sauder getta le basi per J’ai aimé vivre là. Il docu-film di Sauder si basa sull'intreccio e sullo scambio tra i testi di Annie Ernaux e le immagini di Cergy, la Ville Nouvelle, fotografate e catturate da Tom Harari insieme allo stesso Sauder.



Guardando J’ai aimé vivre là, sembra di risentire la voce di Ernaux ne Journal du dehors: «Da vent'anni vivo in una nuova città, a quaranta chilometri da Parigi, Cergy-Pontoise. In precedenza, ho sempre vissuto in provincia, in città dove erano incisi i segni del passato e della storia. Arrivare in un luogo emerso dal nulla in pochi anni, privato di ogni memoria, con costruzioni sparse su un territorio immenso, è stata un'esperienza travolgente. Fui sopraffatta da una sensazione di estraneità, incapace di vedere altro che le spianate ventose, le facciate di cemento rosa o blu, il deserto delle strade solitarie. La costante sensazione di fluttuare tra cielo e terra, in un luogo di nessuno. Il mio sguardo era come le pareti di vetro degli uffici, che riflettevano solo torri e nuvole». Sembra, altresì, di leggere alcune riflessioni sulla società contenute in Guarda le luci, amore mio: «il centro commerciale è un grande luogo di incontro umano, come uno spettacolo (…) e ha una grande importanza per il nostro rapporto con gli altri, per il nostro modo di fare società. (…) Coloro che non hanno mai messo piede in un ipermercato sono ignari della realtà sociale della Francia di oggi (...) È stato senza esitare dunque che per raccontare la vita, la nostra, oggi, ho scelto come oggetto gli ipermercati. Mi è parsa una buona occasione per riferire di una consuetudine reale (la loro frequentazione) senza ripetere i discorsi, abusati e spesso venati di avversione, che emergono quando si parla di questi cosiddetti nonluoghi, e che non corrispondono in nulla alla mia esperienza personale».


Come spesso accade leggendo i libri di Annie Ernaux, la parola disvela una realtà collettiva. Anche nel docu-film di Sauder, il racconto di Ernaux sulla città di Cergy non è soltanto suo, diventa, a poco a poco, di chi legge, di chi lo ascolta, di chi è chiamato a immaginare la Ville Nouvelle. Il suo racconto diventa nostro. Non siamo intrusi nel suo territorio emotivo, all'interno della mappatura dei suoi luoghi. Al contrario, veniamo accolti. Allo stesso modo di come è stato accolto Régis Sauder il quale ha affermato, in un'intervista, di essersi sentito dapprima un intruso in una città dove, invece, è stato accolto, dove gli hanno teso la mano. 


J’ai aimé vivre là è un film su «ciò che ci unisce, su ciò che abbiamo in comune. È una scelta eminentemente politica quella di filmare la città di Cergy in questo modo, mettendo al centro la questione dell'amore», l'amore di abitare e di aver abitato in quella città, l'amore per aver trovato un luogo dove è stato possibile creare uno spazio tutto per sé, uno spazio non contaminato da alcun tipo di status sociale. J’ai aimé vivre là è anche un film sul pluralismo sociale. Le sedimentazioni sociali hanno contribuito alla creazione di una società multiculturale dislocata in varie parti delle città. Lo possiamo osservare nei pressi di Préfecture oppure de l'Université.


Attraverso le storie degli abitanti di Cergy e i testi di Annie Ernaux, tutti intrisi di memoria, Régis Sauder ha portato sullo schermo il suo approccio documentaristico inscrivendolo, per la prima volta, nella tradizione dei film corali e delle elegie cinematografiche, una tradizione che ha avuto inizio con Walter Ruttman con Berlin, symphonie d'une grande ville nel 1927 (Cédric Lépine).






Questo rintracciare nei ricordi una memoria collettiva pur con uno sguardo rivolto al presente e al futuro, quest'ultimo rappresentato dalle generazioni più giovani, è ben esplicitato dai racconti degli abitanti di Cergy e di Annie Ernaux. Racconti elargiti come doni. Testimonianze di una città che ha subito trasformazioni e che, tuttora, è attraversata da mutamenti. Metamorfosi geografiche si muovono parallelamente a metamorfosi emotive andando a cambiare l'assetto della geologia umana della città. Ecco, le voci si confondono e si fondono, i ricordi non appartengono più al singolo ma diventano i ricordi di una comunità che ha attraversato decenni di storia accogliendo il cambiamento come condizione fondante dell'Uomo. Accogliere e salvare. Dirà Régis Sauder: «ascoltare una storia e tenerne traccia». Scrive Annie Ernaux: «salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più».




Parte del mio studio sull'opera letteraria di Annie Ernaux è contenuto nel mio ultimo, L'evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux pubblicato da 13lab Editore libro 


martedì 1 febbraio 2022

La gioia di scrivere: in ricordo di Wisława Szymborska


Parabola


Dei pescatori tirarono fuori dagli abissi una bottiglia.

Dentro c’era un pezzo di carta, con scritte queste parole:

«Aiutatemi! Sono qui. L’oceano mi ha gettato su un’isola deserta. Sto sulla sponda e aspetto aiuto. Fate presto. Sono qui!».

«Non c’è data. Sicuramente ormai è troppo tardi. La bottiglia può aver galleggiato in mare per molto tempo» disse il primo pescatore.

«E non c’è indicazione del luogo. Non si sa neanche quale oceano sia» disse il secondo pescatore.

«Non è né troppo tardi né troppo lontano. L’isola qui è ovunque» disse il terzo pescatore.

Seguì una sensazione di disagio, calò il silenzio.

È quel che accade con le verità universali.