mercoledì 29 aprile 2020

Il Colibrì di Sandro Veronesi vola nella dozzina del Premio Strega 2020


Un momento di esitazione può provocare un cedimento il quale rivelerà una crepa emotiva. Nel tempo, la crepa coinvolgerà le parti strutturali dell'esistenza. È nello spazio di queste ferite che lasciano "il cuore troppo aperto" che si inserisce l'esistenza di Marco Carrera nel libro di Sandro Veronesi, Il Colibrì (La Nave di Teseo), nella dozzina del Premio Strega 2020. In fondo alla pagina, tra suggestivi debiti letterari, si scorge la prova stilistica più autentica del realismo narrativo italiano.


L'architettura dialoga con le opere precedenti mostrando, in questo romanzo, la volontà di unire gli elementi che da sempre caratterizzano le opere di Veronesi. Una commistione di materiali testuali rielaborati in un libro che procede per accelerazioni temporali e slanci emotivi. Dallo studio di Marco Carrera nel 1999 si passa a una delle tante lettere d'amore scritte dal protagonista nel 1998 e inviate a Luisa, lettere che nel tempo diventeranno mail, testimonianze di un amore che affonda le radici negli anni Ottanta, attraversa i decenni, sembra muoversi ma resta fermo. Cristallizzato nella sua imperfetta dimensione, ammantato dai dubbi, dalle incertezze, dalla mancanza di coraggio, l'amore tra Marco e Luisa è solo una delle tante realtà che corrono sui binari del tempo e dello spazio in questo romanzo.

Altre storie segnano Marco Carrera, come gli accadimenti della sua infanzia, quando da bambino osservava la sua famiglia senza vederla realmente, senza cogliere ciò che sua madre e suo padre erano nella realtà. Una quotidianità anch'essa cristallizzata nel tempo e tale resterà nonostante gli anni e le vicissitudini.

E che dire dell'amico Duccio Chilleri? Che dire del fragore degli aerei e del bisogno di Marco di scappare, di sottrarsi a una vita che talvolta non riesce a riconoscere come tale, nella quale lui occupa uno spazio senza riempirlo veramente, senza viverlo fino in fondo?

Marco Carrera da sempre vive sospeso: dall'alto guarda l'esistenza, la sua stessa esistenza, scorrere e accadere, dipanarsi e rovesciarsi, rimettersi in sesto e distruggersi nuovamente. E quando la bruma dell'oblio è troppo densa per essere ignorata, quando Marco sta per cederle tutto, mente e cuore, si chiede (e chiede a Luisa, sua amante, sua confidente, sua... nonostante il tempo, gli anni, la vita di mezzo e in mezzo) "ma il male – hai presente? Ha dei circuiti preferenziali, il male, o si accanisce a caso?".

Mentre la storia volge al termine, abbracciando un futuro prossimo a noi, è impossibile non avvertire il peso che le ali del colibrì devono sopportare durante l'esistenza. Come può, un essere così esile, librarsi nell'etere portando un tale fardello? Ci vuole coraggio per stare al mondo e Marco Carrera ce lo dimostra, pagina dopo pagina, ricordandoci che il dolore provato non impedisce di "godere dei momenti in cui tutto sembra perfetto".

sabato 25 aprile 2020

Resistenza e Costituzione: le parole di Norberto Bobbio in Eravamo ridiventati uomini, Einaudi

In occasione del 25 aprile, Festa della Liberazione, si riportano due brevi frammenti contenuti nel volume edito da Einaudi, Eravamo ridiventati uomini, la raccolta di scritti dal 1945 al 1995 di Norberto Bobbio.


Un’esplosione di gioia si diffuse rapidamente in tutte le piazze, in tutte le vie, in tutte le case. Ci si guardava di nuovo negli occhi e si sorrideva. […] Non avevamo più segreti da nascondere. E si poteva ricominciare a sperare. Eravamo ridiventati uomini con un volto solo e un’anima sola. Eravamo di nuovo completamente noi stessi. Ci sentivamo di nuovo uomini civili. Da oppressi eravamo ridiventati uomini liberi. Quel giorno, o amici, abbiamo vissuto una tra le esperienze più belle che all’uomo sia dato di provare: il miracolo della libertà.

Questa è la resistenza reale, quella che si è realizzata nei fatti. Ma accanto alla Resistenza storica e reale c’è una Resistenza ideale, una resistenza perenne alla quale ci richiamiamo nei momenti difficili come a una forza morale, superiore agli eventi.


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“Creare è resistere, resistere è creare” (Stéphane Hessel)

venerdì 24 aprile 2020

Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza tra i candidati al Premio Strega 2020

La lettura, succede spesso, conduce la mente in luoghi reconditi, immagini rimaste sepolte dal tempo che non ricordavamo di conservare. E' accaduto con il romanzo di Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza edito da Mondadori, nella dozzina del Premio Strega 2020. Trafitta da una scrittura di rara profondità umana, non ho impedito alla memoria di portare a galla quello che era rimasto sul fondo per poi lasciarmi andare, immensamente, ai ricordi. La lettura mi ha portato a ripensare ai racconti di John Cheever, alla sua idea di letteratura, in biblico tra meraviglia e stupore, smarrimento e disillusione, alla sua idea di percezione, di sogni e di concetti. E accanto a Cheever ho rivisto Buzzati e ho ripensato a quello che diceva sulle parole, che anche quelle stolte, pazze, incomprensibili e inutili sono la cosa che più ci distingue dalle bestie.


Le immagini della disillusione di Cheever e delle parole apparentemente senza senso che ci rendono ciò che siamo alla maniera di Buzzati sono ancora vivide mentre stringo tra le mani la storia di Daniele Mencarelli, una trama che corre veloce sui binari della bellezza e pienezza narrativa.  
Il suo modo di affondare la lama della scrittura nel dolore, di recuperare l’indicibile e l'insondabile, attraverso una lingua poetica che trascende la stessa parola scritta, rende il romanzo una pietra preziosa che merita il posto che occupa.

La densità della narrazione segue un arco temporale di una settimana durante la quale il protagonista, Daniele, viene ricoverato per un Trattamento sanitario obbligatorio. Partendo da dati biografici, personali e non solo storici, ci caliamo nella torrida Roma di metà luglio del 1994, i mondiali alle porte, una porzione di capitale fatta di borgate e quartieri di periferia. Daniele si ritrova ad affrontare le sua solitudine e i suoi demoni. A scandire i sette giorni di internamento saranno gli incontri con i medici Cimaroli e Mancino, entrambi depositari di una scienza che, tuttavia. non riesce a rispondere alle domande di Daniele perché ciò che lui chiede e cerca, armato di voracità esistenziale propria dei ventenni, necessita di uno spirito predisposto all'accoglimento, in grado di condividere le vette senza inorridire degli abissi, rubando un'espressione cara a De André. 

E' un'anima, quella di Daniele, che vaga in un tempo e in uno spazio che non vengono accolti dal quotidiano. Nella speranza di fermare la verità esistenziale e il senso del suo vagare, sospinto da un bisogno persistente e istintivo di conoscere il significato ultimo della realtà, Daniele inizia un'intensa esperienza umana con i compagni di stanza, in particolare Mario, Gianluca e Giorgio. Persone ingarbugliate nel dolore dei ricordi, persone che non riescono a sciogliere il nodo del pianto, reiterando, ogni giorno, lo smarrimento. Il risultato è un corpo massacrato e una coscienza spezzata.

Il naufragio dell'anima può essere irreversibile per alcune persone ma Daniele ha ancora tempo. Il tempo è un'arma sottovalutata dal protagonista. In tanti glielo dicono, nella loro lingua e con i loro mezzi. Glielo dice la madre, che gli ricorda i suoi vent'anni, glielo dicono gli infermieri, lo ripetono medici e glielo dice anche Mario prima di volare dalla finestra per toccare il cielo con un dito. Ognuno con le proprie parole, ognuno con il proprio bagaglio troppo pesante per essere trasportato, troppo prezioso da abbandonare. 

In uno scenario metafisico, Mencarelli ridisegna la solitudine di un ragazzo attraverso il racconto del vuoto esistenziale che spesso circonda ognuno di noi. In questo ritratto, Mencarelli traccia il profilo di una angoscia della sospensione, dove la parola è attesa e richiesta, dove la parola è l'unica vera salvezza.   

giovedì 23 aprile 2020

Giornata Mondiale del Libro: 25 proposte di lettura dalla rivista LuciaLibri

“Lasciateci leggere e danzare - due divertimenti che non potranno mai fare del male al mondo.”
Voltaire 

In occasione della Giornata Mondiale del Libro, tutta la redazione della rivista LuciaLibri ha condiviso venticinque proposte di lettura, libri belli dentro e fuori, libri che hanno un'anima e che sono stati importanti per il nostro percorso di lettori. Scopri quello che ho scelto e vedi tutte le proposte:

Photo by Renee Fisher on Unsplash

martedì 21 aprile 2020

La solitudine della vita: Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati

Difficile è credere in una cosa quando si è soli, e non se ne può parlare con alcuno. Proprio in quel tempo Drogo si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; che se uno soffre il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; che se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.

Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari, Mondadori


lunedì 20 aprile 2020

Flowers di Yoko d'Holbachie: la mostra alla Corey Helford Gallery di LA

Flowers -Yoko d'Holbachie
Dal 18 Aprile al 23 Maggio 2020
Corey Helford Gallery
571 S Anderson St 
Los Angeles, CA 90033
Flowers by Yoko d'Holbachie
In mostra, alla Corey Helford Gallery, la nuova collezione di Yoko d'Holbachie, Flowers 15 nuovi dipinti acrilici che utilizzano cornici uniche realizzate con specchi antichi mettendo in scena un bellissimo cocktail di colori che si trovano solo nei fiori. L'artista ha scritto a proposito delle sue opere: “Flowers are reproductive organs, pheromone attractant perfume, sweet honey pots, and launch sites for rockets that travel toward strange worlds. Colors have always attracted me. When we see colors, those are what our brain creates. Birds can see colors which our eyes can’t recognize and so, colors are up for interpretation. I am creating a cocktail of my own colors which my mind perceives, and I want to share its joy with many people”.
Hippocampe by Yoko d'Holbachie
Lasciandosi ispirare dalla natura, dagli esseri viventi, dai miti e dai fumetti giapponesi degli anni '70, d'Holbachie è stata anche travolta, nel processo di creazione, da alcune delle più belle opere artistiche di tutti i tempi come la Gioconda, Il bacio e La nascita di Venere, tre dipinti iconici che, tra i motivi, utilizzano anche la connessione tra la natura e l'uomo.

L'artista aggiunge: “For my artwork I use black and white airbrush for the sketch, then add color with transparent paint. This process is similar to the classic grisaille painting method. Most of the painting is done delicately with a thin brush but the process itself is very dynamic. My favorite piece in the show is also the biggest and that is ‘Flowers’ (seen above). I love round artwork and I enjoyed drawing this piece because of its size; plus, the antique picture frame is very beautiful.”

Kintoun by Yoko d'Holbachie

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Per maggior informazioni sulle restrizioni dovute al Coronavirus contattare direttamente la sede della galleria e visitare il viso: coreyhelfordgallery


sabato 18 aprile 2020

Capolavori della Letteratura: la maratona in diretta streaming per la Giornata Mondiale del Libro 2020

In occasione della Giornata Mondiale del libro, giovedì 23 aprile dalle 11.00 alle 18.00 in diretta streaming verrà organizzata una grande maratona letteraria dalla Fondazione De Sanctis in collaborazione con il Centro per il Libro e la Lettura con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO. 
Sarà possibile ascoltare la maratona collegandosi al sito capolavoridellaletteratura, consultando il sito di Repubblica, della Corte dei Conti, di TIM e di ACI.

Illustrazione di Alessandro Ferraro 
Capolavori della Letteratura: sarà il titolo della maratona letteraria in diretta streaming giovedì 23 aprile dalle 11.00 alle 18.00 condotta da Paolo Di Paolo assieme a Pietro del Soldà, Franco Di Mare, Francesca Fialdini, Veronica Gentili, Vladimiro Polchi, Benedetta Rinaldi, Andrea Velardi. La giornata inaugurerà e celebrerà anche la campagna Il Maggio dei Libri.

In apertura i saluti del Presidente del Senato della Repubblica Maria Elisabetta Alberti Casellati, del Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina e della Vice Ministra per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale Marina Sereni. La Corte dei Conti è partner istituzionale dell’iniziativa. 
L’evento è organizzato con la collaborazione di ACI, TIM, Rai Cultura, Rai Radio 3, Robinson - l’inserto culturale di Repubblica, il Libraio, Croce Rossa Italiana e Conad.

Parteciperanno scrittori, critici e attori tra cui Eraldo Affinati, Bruno Arpaia, Corrado Augias, Serena Autieri, Mauro Balzano, Daria Bignardi, Claudio Bisio, Piero Boitani, Lina Bolzoni, Anna Bonaiuto, Alessio Boni, Achille Bonito Oliva, Paolo Briguglia, Massimo Cacciari, Cristiana Capotondi, Gianrico Carofiglio, Donato Carrisi, Giuseppe Catozzella, Massimo Ceccherini, Monica Centanni, Paolo Cognetti, Carlo Cottarelli, Francesca d’Aloja, Gabriele Dadati, Philippe Daverio, Matilda De Angelis, Maurizio de Giovanni, Cesare De Seta, Donatella Di Pietrantonio, Costanza DiQuattro, Davide Ferrario, Ernesto Ferrero, Giulio Ferroni, Giorgio Ficara, Marcello Fois, Giovanni Floris, Chiara Francini, Massimiliano Fuksas, Nadia Fusini, Umberto Galimberti, Fabrizio Gifuni, Lello Gurrado, Alessandro Haber, Filippo La Porta, Nicola Lagioia, Jhumpa Lahiri, Antonella Lattanzi, Gigi Lo Cascio, Elena Loewenthal, Beatrice Lorenzin, Claudio Magris, Raffaele Manica, Gaia Manzini, Luca Marcozzi, Alessandro Mari, Giacomo Marramao, Michela Marzano, Alberto Melloni, Marco Missiroli, Francesco Montanari, Raul Montanari, Laura Morante, Francesco Musolino, Massimo Onofri, Francesco Pannofino, Valeria Parrella, Giorgio Pasotti, Claudia Petrucci, Massimo Popolizio, Alessandro Preziosi, Amedeo Quondam, Elisabetta Rasy, Luca Ricci, Francesco Rocca, Stefania Rocca, Sergio Rubini, Claudio Santamaria, Elisabetta Sgarbi, Matteo Strukul, Emanuele Trevi, Francesco Valagussa, Giorgio Van Straten, Sandro Veronesi, Massimo Zamboni.

giovedì 16 aprile 2020

Giovanissimi di Alessio Forgione, candidato al Premio Strega 2020

Soccavo, la periferia di Napoli, è un quartiere rassegnato allo scorrere del tempo, lontano dalla retorica e dalla patina stereotipata di molti racconti comuni. E' una Napoli in cui Alessio Forgione ritorna nel suo secondo libro, perché certe città le hai nella pancia ed è con quei luoghi che ti devi confrontare ogni giorno.
Giovanissimi edito da NNeditore, candidato nella dozzina del Premio Strega 2020, è un romanzo rappresentativo di una certa idea di umanità ritagliata in un arco temporale riconducibile agli anni novanta. La storia viene affidata a Marocco (Marco Pane): il suo sguardo ruvido e disincantato dipinge la condizione di adolescente in un viluppo di dolori, rancori e impudenze.


Marocco, così soprannominato da tutti per il colore olivastro della sua pelle e la folta chioma scura, ormai divenuto adulto rimembra la sua giovinezza attraverso aneddoti e ricordi che compongono quel dipinto rappresentativo in continua oscillazione tra l'impeto delle prime volte (la scoperta della libertà, le trasgressioni a scuola, il sesso, le droghe), e il bisogno di essere amato, di sentirsi parte di una famiglia, accettato e desiderato.
Dopo che la madre se n'è andata senza lasciare traccia, Marocco ha imparato a vivere con un padre burbero e schivo che, tuttavia, si rivelerà, nel tempo, sempre più complice nei confronti del figlio. Serena, la prima fidanzata di Marocco, avrà un ruolo fondamentale nella trasformazione del ragazzo verso una giovinezza sempre più marcata, così come fondamentali saranno i suoi amici. 

Sopravvivere al dolore: pura velleità illusoria? Marocco prova a dare una risposta al dolore impegnandosi nel calcio nella speranza che la fama e il successo futuri possano spostare l'attenzione della madre nuovamente su di lui ("come quei pensieri che dimentichi di avere, ma che poi te ne ricordi e non puoi più ignorarli"), immergendosi nelle letture di Dylan Dog, lasciandosi cullare da sogni a base di ufo e alieni. Prova a sopravvivere al dolore seguendo le orme di Lunno, l'amico di qualche anno più grande che metterà a rischio il suo già fragile quotidiano. 

Marocco urla il suo dolore, ma nessuno è in grado di sentirlo. I suoi pensieri ci travolgono per intensità e ferocia. La sua voce, profonda e onesta, si espande e ci raggiunge mentre il giovane ragazzo si avvicina alla porta d'ingresso dell'età adulta: sarà in quel momento che la vita gli chiederà, con crudele cinismo, un'ultima e amara prova da superare. 

martedì 14 aprile 2020

Ray Caesar Pop Surrealismo: oltre l'immaginifico

Ray Caesar è riconosciuto a livello internazionale come uno dei massimi esponenti del pop surrealismo. Il substrato artistico delle sue opere poggia le basi su una nutrita esperienza che ha origine agli inizi degli anni '80 fino alla fine degli anni '90 presso il dipartimento di arte e fotografia dell'Ospedale per bambini a Toronto, presso il quale documentava la ricerca psichiatrica su bambini maltrattati, la ricostruzione chirurgica, la psicologia e la ricerca sugli animali. 
E' in questi anni che hanno origine, per sua stessa ammissione, le immagini che daranno origine al suo estro creativo: "I often awake in the middle of the night and realize I have been wondering the hallways and corridors of that giant hospital. As I lay there in the dark, I struggle to remember the fading words of those that still haunt my memories of so many years ago. It is so clear to me that this is the birthplace of all my imagery". 

Festival of Light 30 x 40 
Gli ospedali, come ha dichiarato Ray Caesar, sono come piccole città e "ogni volta che pensi di aver visto tutto, la realtà ti dà uno schiaffo mostrandoti qualcosa che ti fa rivalutare tutto. Ho imparato nella mia vita che le mani umane possono essere crudeli e scortesi, ma più spesso possono eseguire un intervento chirurgico al cuore o scrivere un assegno per costruire una nuova ala di un ospedale o semplicemente spazzare via la lacrima dal viso di un bambino". 




Tutto ciò che Ray Caesar ha appreso nel corso degli anni lo ha trasposto sulla tela. Attraverso il software di modellazione tridimensionale Maya, i suoi soggetti vengono coperti con trame fotografiche dipinte che li avvolgono come una mappa su un globo. "Ogni modello è quindi impostato con uno scheletro invisibile che mi permette di posare e posizionare la figura nel suo ambiente tridimensionale. Le luci e l'ambientazione vengono aggiunte successivamente con l'ausilio di ombre e riflessi che simulano le scenografie di un mondo reale".



La creazione di ogni soggetto ricorda molto la manipolazione dell'argilla e ciò che se ne può ricavare (a questo proposito l'artista rimembra nella sua biografia un episodio risalente all'età scolare durante il quale aveva dovuto svolgere un lavoro proprio con l'argilla. Anche in questo caso le reminiscenze dell'infanzia si intrecciano con la sua attuale professione e la sua predisposizione all'indagine di alcune tematiche rispetto ad altre). 
Dalla creazione di una struttura interna simile a uno scheletro si passa poi allo sviluppo del cranio e, in particolar modo, all'espressione del volto che muta di soggetto in soggetto. L'artista avvolge ogni soggetto creato in costosi tessuti, aggiungendo elaborati copricapi, ornando ogni modello con dettagli femminili raffinati ed esasperati al tempo stesso, come ciglia e unghie, che rendono le protagoniste dei suoi quadri estremamente inquietanti ma anche misteriosamente affascinanti.
Da notare il grande interesse e amore di Ray Caesar per la cultura francese, in particolare per il periodo Rococò e per artisti e letterati come  Antoine Watteau, per alcuni pittori olandesi, come Jan Vermeer, per non parlare del suo personale apprezzamento per il periodo inglese tra '700 e '800, a cui si aggiunge, verso i vent'anni, la lettura di opere di Yukio Mishima e Jun'ichiro Tanizaki.





Questo mix culturale ed artistico, che intreccia movimenti letterari e codici visuali di varie epoche differenti con i ricordi della sua infanzia e adolescenza a loro volta sapientemente mescolati alla sua esperienza professionale ha generato opere uniche nel loro genere: Ray Caesar continua, negli anni, a confermarsi come uno dei padri indiscussi del pop surrealismo internazionale, con uno stile unico e inimitabile.



lunedì 13 aprile 2020

Musei dal mondo: teamLab Borderless Shanghai

Dalla fine di aprile dovrebbe riaprire il teamLab Borderless Shanghai dopo oltre due mesi di chiusura in seguito all'emergenza Coronavirus. Con una collezione di cinquanta opere d'arte firmate dalla teamLab oltre ad  installazioni interattive, il Borderless Shanghai si conferma come una delle realtà più interessanti del mondo artistico internazionale, un museo unico nel suo genere.

In attesa della conferma da parte dello staff, qui alcune immagini di progetti e installazioni della teamLab di massima creatività.


Le opere d'arte si spostano dalle cornici, comunicano con altre opere, influenzano e talvolta si mescolano tra loro senza confini. Centinaia di proiettori ad alta definizione creano differenti mondi nei quali il visitatore può entrare in contatto con la flora e la fauna di ogni bioma. L'esperienza interattiva, avvolgente e inclusiva che il museo offre ai visitatori, si basa sulla migliore tecnologia digitale attraverso la quale l'arte esce dai confini canonici mettendosi in contatto diretto con l'interlocutore.







Di seguito alcuni video a conferma del coinvolgimento delle opere della teamLab. 

Memory of Topography mette in scena lo scorrere del tempo e della stagioni in un paesaggio rurale. Flora e fauna cambiano in base al mese e al periodo dell'anno. I visitatori sono immersi in questo mutamento climatico e ne fanno parte.



Flutter of Butterflies Beyond Borders, Floating Nest:



Forest of Flowers and People Lost, Immersed and Reborn:



Graffiti Nature - High Mountains and Deep Valleys:




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Per aggiornamenti visitare il sito: teamLab Borderless Shanghai 

sabato 11 aprile 2020

Pasqua nell'Arte: Il Cristo giallo di Paul Gauguin

Intorno agli anni '80 dell'Ottocento, gli artisti aderenti al simbolismo erano alla ricerca di una realtà altra fuggendo dal quotidiano nel quale vivevano, talvolta a stento. Aderendo a questa ricerca, Paul Gauguin lasciò Parigi alla fine del 1880. Durante l'estate del 1886, Gauguin visitò il piccolo villaggio di Pont-Aven, in Bretagna, e rimase affascinato dalla sua storia, dal suo folklore e dai suoi miti. Fu proprio in quel piccolo paese che Gauguin venne in contatto con l'iconografia cristiana iniziando a dipingere croci, calvari e antichi monumenti della religione medievale che lo colpirono particolarmente, tra questi il famoso Cristo giallo (1889)

Paul Gauguin, Il Cristo giallo (Le Christ jaune), 1889, olio su tela, 92.07 x 73.34 cm. Buffalo, Albright-Knox Art Gallery
La figura centrale di questo dipinto è basata su un crocifisso ligneo del XVII secolo che è appeso nella vicina cappella di Trémalo. Gauguin dipinse Cristo utilizzando differenti tonalità di giallo intenso mentre la croce marrone scuro si staglia su un paesaggio prettamente autunnale.
L’artista, che era fuggito dalla civiltà parigina per abbracciare un mondo rurale e arcaico ma non intaccato dalle debolezze e dalle nefandezze del mondo industriale, ritrova in quelle terre bretoni il guizzo creativo che caratterizzerà tutte le sue opere future, anche quelle realizzate successivamente nel periodo tahitiano. 
L'utilizzo delle varie tonalità di giallo simboleggia l'isolamento esistenziale che Gauguin andava cercando per entrare in contatto con il suo vero io e, al tempo stesso, i vari momenti della vita contadina. Se al dolore di Cristo Gauguin ha affiancato il proprio personale dolore, al paesaggio ha accostato un significato spirituale poiché si credeva che il grano subisse un processo parallelo al ciclo religioso della vita cristiana: nascita, vita, morte e rinascita. Cristo partecipa quindi, attraverso questo riferimento cromatico, alla vita quotidiana dei contadini.
Con questa e altre opere dello stesso periodo inizia una delle stagioni stilistiche più feconde Paul Gauguin. 

venerdì 10 aprile 2020

Pasqua nell'Arte: l'affresco della Crocifissione di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova

La Crocifissione di Giotto è uno degli affreschi che fa parte della Cappella degli Scrovegni a Padova. Inserita nel ciclo delle Storie di Gesù e della Vergine, ciclo che ha come tema la salvezza dell’umanità, la Crocifissione di Giotto vede al centro della struttura artistica dell'opera l'arte sacra, la pietas e la compenetrazione empatica dei sentimenti sprigionati dall'affresco stesso. 

Crocifissione, Giotto, 1305 Padova, Cappella degli Scrovegni
Sono poche le poche notizie documentaristiche su Giotto (a partire dalla data di nascita, incerta e circoscritta tra il 1267 ca. a Vicchio e il 1337 a  Firenze), sappiamo che Dante gli dedicò la terzina dell'allievo che supera il maestro. Successivamente, nel Quattrocento, si parlava di Giotto del Mugello nelle testimonianze di Cennino Cennini e Lorenzo Ghiberti mentre un secolo dopo, Giotto compare ne Le Vite di Giorgio Vasari. Secondo la leggenda narrata da Giorgio Vasari, Papa Bonifacio VIII, nell’atto di bandire il Giubileo del 1300 era alla ricerca di un artista a cui commissionare gli affreschi per San Pietro. Giotto, già noto per quelli della Basilica di Assisi, fu contattato da un fiduciario del Papa e per dar prova delle proprie abilità, disegnò un cerchio su una tela. Questo bastò a convincere Bonifacio VIII sulle abilità dell'artista. 

Dal 2006 la Cappella degli Scrovegni, che ospita l'affresco della Crocifissione di Giotto, è candidata a Patrimonio dell'Umanità (UNESCO). Dipinta fra il 1303 e il 1305, per volontà di Enrico Scrovegni, signore di Padova, avviene per mano di Giotto (ne è testimonianza il fatto che l’artista si trovava a Padova anche per la Basilica di Sant’Antonio e per il Palazzo Comunale. 
Il ciclo delle Storie della Vergine e Gesù, in cui si inserisce l'affresco, risale ad un teologo agostiniano. Il racconto pittorico si sviluppa sulle pareti: troviamo le allegorie dei Vizi e delle Virtù, il Giudizio Universale , la meravigliosa volta di stelle brillanti in un blu intenso di grande impatto visivo. Da segnalare nell’arco trionfale della Cappella, Giotto dipinge un’architettura, una volta a crociera da cui pende un lampadario metallico e poco dopo una bifora. E' la prima volta nella storia dell'arte occidentale che vengono presentati quelli che lo storico dell'arte Roberto Longo definì inganni ottici

La Cappella degli Scrovegni è frutto di un attento restauro avvenuto nel 2002 diretto da Giuseppe Basile (1942) e un gruppo di 40 restauratori. Durante l'operazione di pulizia (non prima di aver fatto gli studi e le ricerche per approdare a un restauro fedele all'opera originaria) intervengono anche i restauratori Gianluigi Colalucci e Sergio Fusetti. E' stata restaurata anche la Madonna con Bambino (1305-06), di Giovanni Pisano (1245–1314 ca.), posta sull'altare al centro di due angeli.

giovedì 9 aprile 2020

Pasqua nell'Arte: Crocifissione e Giudizio finale di Jan van Eyck

Quest'anno si celebra il pittore fiammingo Jan Van Eyck. Rubens nel 2018 e Bruegel nel 2019, Jan Van Eyck fa il suo ingresso chiudendo il progetto Flemish Masters 2018-2020. Sono molte le mostre che dovranno inaugurare e che, a seguito dell'emergenza Coronavirus, stanno rimodulando il proprio programma predisponendo visite online e posticipando inaugurazioni in vista di nuovi e positivi scenari che permetteranno nuovamente l'inclusione di persone nei musei.
In questa sede si vuole rendere omaggio a uno dei più grandi pittori fiamminghi rappresentante del periodo conosciuto come Rinascimento Fiammingo, Jan Van Eyck attraverso una delle opere emblematiche della sua arte, Crocifissione e Giudizio finale.

Olio su tela, trasferito da tavola di legno - Jan van Eyck e bottega, Olandese, ca. 1390-1441- 56,5 x 19,7 cm ciascuno

Gli studiosi hanno ipotizzato che i due pannelli potrebbero essere stati in origine parti di un trittico di più ampio respiro ma non ci sono fonti certe al riguardo. Nel diciannovesimo secolo i dipinti furono trasferiti dal pannello alla tela.
Osservando l'opera, si possono distinguere tre sezioni nella Crocifissione: la prima mostra le donne piangenti, tra cui Maria crollata sul terreno roccioso, il suo viso quasi invisibile sotto il mantello blu, la seconda mette in scena, ai piedi delle croci, la rappresentazione dei soldati, figure con turbanti dall'aspetto fiammingo a cavallo, la terza parte si esplica nella raffigurazione dei tre uomini crocifissi.
Uno degli aspetti più vividi della Crocifissione riguarda la profondità del paesaggio che si estende dietro ed oltre le croci, indice di una notevole prospettiva spaziale di Van Eyck.

Il Giudizio Universale è organizzato in modo più gerarchico indicando, a partire dall'alto, le figure di maggiore importanza. I testi biblici sulle cornici originali si riferiscono specificamente alle scene rappresentate, stabilendo un gioco tra parola e immagine che sarebbe stato ammirato dai contemporanei. Cristo come giudice in posizione preminente mentre l'arcangelo Michele controlla gli inferi. Accanto a Gesù incontriamo la Vergine Maria e Giovanni Battista i quali sembrano fluttuare sopra a coloro che sono stati ammessi in Paradiso. Nella parte inferiore il buio regna negli inferi, ove patiscono i condannati per l'eternità. Lo scheletro della Morte funge da barriera tra il mondo degli inferi e quello paradisiaco ma anche da ingresso per coloro che dovranno soffrire all'inferno.

Precisione compositiva ed esattezza pittorica: sono solo alcuni degli aspetti che, da sempre, hanno affascinato spettatori e studiosi. Il pittore belga Luc Tuymans, in un'intervista del 2007 con Udo Kittelmann, lodando l'arte di  Jan van Eyck, disse che dopo il rinascimento fiammingo e soprattutto dopo Jan van Eyck, ogni artista non può che essere un dilettante.

Per ulteriori dettagli, il video con il commento critico della curatrice Maryan W. Ainsworth sull'opera di Jan van Eyck The Crucifixion; The Last Judgment

venerdì 3 aprile 2020

L'animale morente di Philip Roth: la storia senza tempo di un cuore malato di desiderio

Un lungo monologo, un flusso di coscienza, dove non manca una nostalgica nota ironica. L'incisività narrativa, caratteristica difficilmente riscontrabile nella letteratura ravvisabile invece nella cinematografia, pone sullo stesso piano narratore e lettore creando un continuum tra i due, una sorta di bolla emotiva all'interno della quale il narratore concede la sua storia mentre il lettore se ne fa carico.  L'animale morente di Philip Roth, edito da Einaudi, non perde la freschezza della sua prosa, nonostante gli anni che ci separano dalla prima pubblicazione avvenuta nel 2002, poiché la storia esce dalla cornice temporale attraversando il tempo e lo spazio a partire proprio dal protagonista, il professor Kepesh, personaggio che ritroviamo anche in altri suoi racconti.

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Lussuria e desiderio sono le forze centripete di questa storia senza tempo. Forze che creano un disequilibrio, una crepa in un sistema che sembrava assolutizzato dal distacco emotivo. David Kepesh è un professore universitario poco più che sessantenne la cui carriera è stata costellata da soddisfazioni accademiche e appassionati incontri sessuali solitamente con ex studentesse del suo corso di laurea. L'esperienza fisica è sempre stata per Kepesh espediente per un raggiungimento estatico puramente sessuale e, come tale, da relegare in quello spazio circoscritto e prestabilito. Nessuno avrebbe potuto turbare le sue certezze. Tuttavia, Kepesh non aveva ancora fatto i conti con Consuela Castillo, studentessa ventiquattrenne cubana. L'intensità della relazione instauratasi con la ragazza rivelerà, da subito, un turbinio di emozioni che trascendono la semplice relazione erotica. 

Nonostante gli sforzi messi in atto da Kepesh, il suo sguardo non riuscirà a tradire i suoi sentimenti: se da un lato la giovane studentessa viene descritta con vivida erotizzazione, dall'altro sono proprio i sentimenti di gelosia e di possesso che Kepesh non riuscirà a tenere a freno. 
Vacilla il mondo interiore del professore, vengono meno le sue certezze fino ad allora inespugnabili. Il desiderio, la trasgressione e l'erotismo cedono il posto alla fragilità umana. Kepesh fa esperienza di questa fragilità, così come fa esperienza della mancanza ogni volta che avverte di non possedere la sua giovane amante. 

Kepesh inizia, pertanto, a interrogarsi sul significato di Amore e separazione. Da qui la famosa citazione: "Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l'amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due". E allora ripenso a Moravia ne La noia: "Per quanto la malmenassi, la stringessi, la mordessi, e la penetrassi, io non possedevo Cecilia e lei era altrove, chissà dove". Cecilia, misteriosa e inafferrabile come la studentessa di Kepesh. La donna che è perennemente in fuga, come ricorda Proust. E intanto l'amore consuma il "cuore malato di desiderio" e "avvinto a un animale morente/ che non sa cos’è" (Yeats).

giovedì 2 aprile 2020

Japan Cherry Blossom: la fioritura dei ciliegi in haiku

Tra fiori di pesco
che sbocciano ovunque
il primo fior di ciliegio

Bashō


咲きみだす / 桃の中より/ 初桜

Saki midasu / momo no naka yori / hatsu-zakura

kigo (primavera): hatsu-zakura 初桜´primo (hatsu) fior di ciliegio; saki midasu 咲きみだす
saki midareru: sbocciare / fiorire a profusione;
momo 桃: pesco

Il primo fiore di sakura che sboccia fra la moltitudine di fiori di pesco esprime una distinzione aristocratica che ricorda quella cui allude il vecchio adagio: hana wa sakura gi hito wa bushi, tra i fiori il ciliegio fra gli uomini il guerriero. 


Fonte: Kokoro-no aji: il sapore dello spirito, a cura di Mario Polia