Alla
82ª Mostra del Cinema di Venezia François Ozon ha portato sul grande
schermo “Lo straniero” di Albert Camus, scegliendo
un bianco e nero netto che rispecchia l’orizzonte morale del romanzo. Sin dalle
prime immagini il film torna al cuore della storia: Meursault, l’uomo
dell’indifferenza, che osserva il mondo senza cercarvi un senso, fino all’atto
che lo scaraventa davanti alla giustizia degli uomini.
Ozon
non aggiorna Camus: lo attraversa. La regia asciutta, i dialoghi essenziali e
l’uso della luce scolpiscono un’Algeria mentale più che geografica, dove la
distanza emotiva del protagonista diventa il vero campo di battaglia. Il
processo, cardine del racconto, è filmato come un rito collettivo che pretende
significati là dove Meursault offre solo constatazioni; è qui che emergono con
forza i temi di responsabilità, verità e sguardo dell’altro.
La
prova attoriale al centro del film lavora per sottrazione, rinunciando alle
inflessioni psicologiche più facili per restituire l’enigma dell’assurdo. Ne
risulta un adattamento fedele allo spirito e personale nella forma, capace di
parlare al presente senza didascalie: un ponte fra la letteratura del Novecento
e le domande, ancora aperte, che riguardano la colpa, significato dell'esistenza e la libertà.

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