martedì 30 aprile 2013

Charles Baudelaire secondo Walter Benjamin.




Ho iniziato a muovere i primi passi in letteratura sul Ferroni. Per chi ha una formazione liceale sa che il Ferroni è qualcosa di imprescindibile dal sapere gnoseologico dello studente, i tomi accompagnano la vita dello studente, la guidano verso un uso libero e critico, appunto, dell'intelletto. Questo dovrebbe essere, in linea generale, il percorso razionalmente pensato dai professori. Per chi lo vive, il cammino non è per niente in discesa. Per quanto mi riguarda ho letto per anni nomi di critici e scrittori, legati da un rapporto ambivalente di amore odio che pensavo potesse nascondere dietrologie difficilmente comprensibili.

Per molto tempo è stato così. Poi qualcosa è cambiato. O forse la trasformazione è avvenuta dentro di me. Ad ogni modo rimpiango gli anni trascorsi sulle "sudate carte", a tracciare con la penna una storia letteraria e sociale dettata tanto da chi scrive i libri quanto da chi li recensisce (pensate se Capuana non fosse stato un giornalista del Corriere della Sera e non avesse recensito Zola, probabilmente il suo Giacinta si sarebbe presentato in altre vesti narrative e, probabilmente, sarebbe mancata la dedica a Zola). Un nome tra tutti i critici rimbalzava tra le pagine del Ferroni: Walter Benjamin. Una figura imponente, un critico che ha saputo imporre la sua voce attraverso lo studio e l'indagine. Un sapere scientifico quello di Walter Benjamin, una ricerca estenuante, capillare, appassionata che ha sondato nella soggettività artistica per far emergere il raziocinio e la verità.

E questo acquista ancora più valore alla luce della ricostruzione del lavoro critico su Baudelaire edito da Neri Pozza per opera di Giorgio Agamben, Barbara Chitussi e Clemens-Carl Härle. Sono passata dall'altra parte. Ero la studentessa che leggeva di Benjamin e di Baudelaire, ora sono la professoressa che li spiega cercando di arrivare al cuore degli studenti. E non voglio vestire i panni della prof giovane animata da tanto entusiasmo da apparire la caricatura di un faticoso Scamarcio nel film Il rosso e il blu, di un insegnante diviso fra i romanzi di successo e la cattedra (Alessandro D'Avenia), tanto meno la caricatura di me stessa. E' solo che spiegare/tramandare ciò che si ama porta inevitabilmente a riflettere sul rapporto con l'oggetto amato.

La poetica di Baudelaire ha una forza immaginifica che vive di strati allucinati, di desolazione e stupore, di una bellezza evanescente e di una perfezione formale estreme. L'esperienza artistica di Baudelaire ripercorre il parnassianesimo distaccandosene, tuttavia, nella fuga, forsennata e disperata, da quel presente corrotto dalla borghesia e infarcito di buone speranze per verso il progresso. Ma non per Baudelaire, il poeta della lirica moderna, colui che si rifugiava nei "paradisi artificiali".

La solitudine del decadente. I mali della civiltà moderna. La fuga dagli stessi. La ricerca di Benjamin, più di due anni di studi e altrettanti dedicati ai fenomeni culturali a cavallo tra Otto e Novecento, è andata in questa direzione lasciando un'eredità possente, quella stessa eredità alla quale Neri Pozza ha (ri)dato la luce. 

lunedì 29 aprile 2013

A word is dead. Emily Dickinson.




A word is dead
When it is said,
Some say.

I say it just
Begins to live
That day.

Emily Dickinson

venerdì 26 aprile 2013

Riscoprendo Leon Spilliaert: letture, quadri, video musicali.


Non riesco a scrivere quando ho gente attorno e in questo momento ho gente attorno che, per un'anima solitaria come la mia è uno schianto emotivo dal quale, nonostante tutto, non posso sottrarmi. Mi rifugio, quindi, nell'arte e nei libri. 

Sto leggendo L'impronta dell'editore, una meraviglia per i sensi, una scrittura nitida, pulita che si staglia su un vissuto culturale denso, la testimonianza di un settore fecondo di idee e pensieri, di un lavoro ricercato, in anni, quelli a metà del Novecento, in cui la vitalità culturale traspariva dall'impegno di persone che si riunivano per farne qualcosa di grande ed eterno. 

Sto raccogliendo immagini di quadri di Leon Spilliaert. Un pittore conosciuto durante gli studi universitari, pii accantonato perché talvolta la velocità digitale ci porta ad apprezzare l'immediatezza e tralasciare tutto ciò che è contemplazione. Ecco, attraverso la lettura di Calasso, ho ripreso in mano questi quadri in particolare Femme au bord de l’eau, del 1910.



giovedì 25 aprile 2013

Il bisogno estatico di una narrazione pura: I Racconti, John Cheever.



Questa recensione è uscita sulla rivista Letteratu.

Recentemente mi è capitato di raccontare il mio primo approccio verso i racconti di Cheever: disordine. Una manciata di frasi che giocano con una narrazione scoordinata, animata da un realismo scarno ma equilibrato, a tratti feticista, affezionata a un'ideale di letteratura che si fonda sull'intuizione, "la percezione, i sogni, i concetti" (Cheever durante un'intervista per il Paris Review nel 1976). 
La costante rivoluzionaria della sua letteratura è un baluginare tra meraviglia e stupore, tra smarrimento e disillusione. Quella che spesso è stata definita dai critici come una scrittura chirurgica, che mette mano tanto alla realtà sociale nella quale Cheever ha vissuto quanto alla sfera umana, potrebbe invece essere letta come il bisogno estatico di una narrazione pura, in cui la metafisica delle emozioni predomina sulla contingenza del racconto stesso. 

lunedì 22 aprile 2013

Per ogni estatico istante. Emily Dickinson




Per ogni estatico istante
Dobbiamo pagare un'angoscia
In intensa e tremante misura
all'estasi.

Per ogni ora amata
Anni d'amari compensi,
Amari spiccioli contesi,
E forzieri colmi di lacrime.

Emily Dickinson

Newsmodo e GuardianWitness: Il futuro del giornalismo è collaborativo




"Penso che il futuro del giornalismo sia collaborativo, perché la distribuzione è costantemente controllata dagli utenti" ad affermarlo è Paul Bradshaw professore presso la City University's School of Journalism. E a guardare le ultime sperimentazioni in campo giornalistico sembra proprio che le cose stiano così. Almeno fuori dall'Italia. 

Newsmodo è una piattaforma ideata da Rakhal Ebeli giornalista con alle spalle una lunga esperienza per il Ten Network News in Australia. Nel tempo Rakhal Ebeli ha visto la redazione trasformarsi ridimensionando il personale suddiviso tra collaboratori interni e liberi professionisti. Oltre a questo Ebeli ha notato come la nuove modalità di acquisizione di informazioni siano cambiate rapidamente mettendo in crisi, spesso, i modelli e le figure del giornalismo tradizionale.

Newsmodo permette ai liberi professionisti di realizzare contenuti informativi e fissare un prezzo sugli stessi. Gli editori potranno poi scegliere quale contenuto comprare, consultando anche il profilo del freelance. Newsmodo è progettato per garantire ai liberi professionisti che il loro lavoro venga pagato. In seguito a un accordo tra editore e giornalista, il pagamento viene trasferito in un conto deposito e solo a lavoro ultimato, i soldi vengono rilasciati al freelance. I meriti di questa piattaforma sono da attribuirsi soprattutto alla qualità del contenuto informativo inoltre essa sancisce anche un rapporto chiaro e definito tra gli attori della filiera informativa (editore e giornalista): la visibilità non paga (concetto che ancora deve essere superato e liberato da fraintendimenti nel mercato giornalistico italiano) tanto meno aiutano alla formazione del giornalista nel suo costante lavoro di reperimento di informazioni e cura dei contenuti articoli sottopagati. Ciò verso cui sta puntando il progetto di Ebeli è una stretta collaborazione tra editori e giornalisti oltre ad un'equa retribuzione per un lavoro ultimato, finito e a disposizione del cittadino. 

Durante il Digital Media Europe, Rakhal Ebeli ha presentato Newsmodo. Di seguito il link al video dell'intervista a cura di Sarah Marshall, giornalista del Journalism.co.Uk. #newsrw: Newsmodo launches as online marketplace for freelancers

GuardianWitness è una piattaforma che offre strumenti simili a Newsmodo ma presenta alcune differenze sostanziali, prima fra tutte il target a cui si rivolge. Infatti si tratta di aprire una porta ai lettori del Guardian che vogliano contribuire, nelle forme più svariate, alle storie: in questo modo il lettore è veramente parte attiva e partecipativa della storia raccontata dal giornale stesso. La creazione della notizia e il reperimento delle fonti sembrano essere gli ingredienti fondamentali di questo progetto. 

Mettere a disposizione degli strumenti adeguati da poter sfruttare e usufruire in base alle proprie esigenze: il giornalismo sta andando verso questa direzione, almeno, come detto sopra, fuori dall'Italia

venerdì 19 aprile 2013

Confessions - what happens in Vegas. Il nuovo progetto di Candy Chang




Seguo da un paio d'anni i progetti di Candy Chang e ogni volta mi sorprendo e meraviglio come un bambino davanti a un arcobaleno osservando e leggendo la sua incontrollabile e fantasmagorica ricerca di un mondo altro, fosse anche un muro di un edificio diroccato sul quale scrivere ciò si vorremmo fare se fosse l'ultimo giorno della nostra vita. Before I die, questo il nome del progetto che ho presentato tempo fa e che ha ridato luce e speranza dapprima a un quartiere di New Orleans e, successivamente, a tutta la città.

L'ambizione di Candy Chang non si è arenata. Ad agosto del 2012 Candy Chang è tornata sulle scene con un progetto, Confessions, che tuttora fa discutere Las Vegas: condividere le confessioni delle persone in forma del tutto anonima. Come ha affermato la stessa artista: "When you think about Vegas, you think about 'What happens here, stays here'. It made me wonder, what would I want to know from all the people around me in Vegas? Was there a way we could actually share our confessions in a safe way in public space together?"

Come spazio pubblico è stato scelto Hotel Cosmopolitan su Las Vegas Boulevard. Dalla metà di agosto, la galleria interna dell'hotel ha offerto la possibilità a tutti coloro che volevano sfruttare quest'occasione di scrivere su tavolette di legno le loro confessioni, che poi sarebbero state appese il giorno successivo dall'artista stessa. Anche le pareti sono aperte alle confessioni della gente.

Questa cosa di poter condividere in forma anonima anche le più intime paure o i segreti che a nessuno possiamo rivelare mi affascina da morire. Prenderei un aereo solo per questo (e non sto scherzando) perché la condivisione pubblica fa bene, alla mente e anche alla salute, ma a volte nascondere il proprio nome e lasciar parlare chi siamo veramente e cosa siamo in mezzo agli altri è qualcosa che manca, che manca terribilmente.   







giovedì 18 aprile 2013

Retrospettiva a Torino. Il mondo di Elliott Erwitt.



La realizzazione delle idee di Schopenhauer riguardo la superiorità della bellezza artistica su quella naturale trova la massima espressione nelle fotografie di Elliott Erwitt. La precisione dell'esperienza si frange contro il realismo dei suoi scatti, l'ironia e quel personalissimo modo di guardare, fotografare appunto, il mondo che lo circonda.

Il racconto di Elliott Erwitt ripercorre le orme di Henri Cartier-Bresson e Robert Capa, per poi abbandonarsi a uno sguardo frastagliato e armonioso al tempo stesso. L'intensità di un attimo racchiuso in anni di studio e rielaborazioni. Un'angolazione del tutto nuova, quella di Erwitt, nel panorama fotografico dei primi decenni del Novecento.

La proroga della mostra di Roma, Fifty Kids, fino al 7 aprile incontra quella allestita a Palazzo Madama a Torino fino al primo settembre. Il capoluogo piemontese si fa portavoce della lirica della Magnum ospitando, a Palazzo Reale, le fotografie di Robert Capa.






martedì 16 aprile 2013

Libri, musica, scrittura... A volte ritornano



Concedere il proprio corpo al tempo dell'amore dopo che per giorni è rimasto digiuno, è un piacere commovente e conturbante, è un sospiro di sollievo inatteso, una parentesi che si interpone nella quotidianità insapore e incolore. E scrivere, nuovamente, dopo giorni d'attesa, mi provoca lo stesso sconvolgimento, la stessa dolcezza di contrasti.

Un enjambement narrativo che prosegue il filo del discorso, si inabissa per poi riaffiorare di una fulgida bellezza, magistralmente calibrata tra emozione e nostalgia. Non saprei dire perché parlo di nostalgia probabilmente perché i ricordi sono talvolta più scaltri di qualsiasi sfacciato presente, sanno quale corda pizzicare, capiscono il momento e colpiscono senza pietà. Da giorni sono in balia di questi ricordi che mi fanno rimpiangere, o forse dovrei dire semplicemente ripensare, momenti in cui il confine tra sogno e realtà contingente era così effimero da rischiare l'annullamento.

Dicevo dunque, nostalgia. Unfurl dei Katatonia


Emozione. Sono i racconti di Cheever che vibrano nell'aria del primo mattino, l'odore della notte trascorsa addosso, il risveglio scapigliato e il libro tra le mani. 



Dolore. Le città sono spietate, ti fanno capire che posto occupi nella società.


E domande. Come spiegare Leopardi ai miei studenti senza sembrare fottutamente anacronistica?

martedì 9 aprile 2013

Oltre lo scrittore l'uomo. Ritratto di Ernest Hemingway.




Pochi sono gli uomini che riescono a rendere musicali le parole. Hemingway è uno di questi. Unico per come è riuscito a farlo. Qualche settimana fa, parlando di Francis Scott Fitzgerald, accennavo ai suoi dialoghi "levigati e bruschi al tempo stesso", alla "semplicità delle sue parole", a "come chiamava le cose, non come le descriveva". Rileggendo queste frasi noto che manca qualcosa e che, nel contempo, c'è molto più di ciò che avrei voluto realmente dire. Mi spiego. 

Non si può partire dai libri di Hemingway se non si conosce l'uomo che li ha scritti. Badate bene, ho detto l'uomo e non lo scrittore. E' troppo facile nascondere la verità dietro alle etichette. Dietro alla semplicità di Hemingway si celava il il dolore di una vita tragica, una sensibilità sradicata, assediata dai dubbi, dalle indecisioni, dai tormenti. Le manifestazioni baldanzose si contrapponevano a una ritrosia quasi infantile nei confronti di chi gli stava accanto, la spavalderia e l'abuso di alcool altro non erano che l'espressione di uno che "voleva vincere la morte" (Fernanda Pivano, Album americano, Frassinelli). 

Nelle mie parole quindi mancava l'uomo mentre era presente solo lo scrittore. I libri di Hemingway affondano le radici nella sua stessa esistenza; non credo quindi di esagerare affermando che siamo di fronte a romanzi fortemente autobiografici. Basterebbe pensare, come ha ricordato tempo fa Arthur Phillips, alla lettera indirizzata alla madre nel luglio del 1924, in cui parlava della corrida di Pamplona. Eppure Phillips getta un'ombra su Hemingway, sul suo essere uomo prima ancora che scrittore, affermando che l'attenzione all'uomo ha, in un qualche modo, indebolito la forza della sua narrativa. Non credo che ciò corrisponda al vero o almeno non in quest'ottica. La critica, rubando nuovamente le parole a Fernanda Pivano (la quale oltre a dare un forte apporto critico alla letteratura americana ha anche avuto il piacere di conoscere e instaurare un'amicizia con Hemingway), deve spiegare gli autori e non analizzarli esteticamente alla maniera crociana. E se per un attimo Phillips sembra avvicinarsi a un modo di spiegare gli autori tanto caro alla letteratura italiana realizzata da Croce, addentrandosi nell'articolo sembra orientare il lettore su ciò che realmente voleva dire ovvero riscoprire l'uomo che c'è dietro allo scrittore partendo dalle lettere e da quella produzione che non è mai stata pensata, fino ai giorni nostri, alla pubblicazione. Oppure partendo dalle biografie scritte da coloro che lo hanno conosciuto per come era, non per quello che scriveva.

Questo apre uno squarcio nelle mie parole. Come dicevo poc'anzi, se da un lato non ho tenuto conto dell'uomo ma solo dello scrittore dall'altro è proprio la volontà di raccontarlo che ha spostato la mia attenzione sugli elementi estetici della sua narrativa. In altre parole, ho offuscato il dolore che traspare dalle sue pagine alternandosi a una vivacità spezzata dalla folta e irriducibile depressione stagliata su un presente potente dove il manierismo di una storia americana controversa ritorna, scatti fotografici e respiri mozzati, nei suoi romanzi con ridondanza lirica e forza poetica straordinarie, la base del linguaggio letterario americano.

Il successo lo porta a soppesare le amicizie, a rivedere la sua stessa persona, forse a non riconoscersi. Tende a perdersi quando passa dalla terza alla prima persona. Paul Hendrickson nel saggio Hemingway's Boat: Everything He Loved in Life, and Lost, 1934-1961 ne fa un ritratto lucido; la limpidezza delle sue parole ricostruisce la vita di uno scrittore incompreso, le cui vicende personali sono spesso state strumentalizzate e mal interpretate dai giornali, fagocitate in quel mare di illazioni e fraintendimenti che tendono, col tempo, a scarnificare non solo la vita di una persona ma anche i suoi ideali.

E nonostante ciò Hemingway non ha mai pensato a reagire ai pregiudizi nei suoi confronti e in questo è da ravvisare la purezza e la rabbia di una scrittura anticonformista, lacerata da un dolore decadente, come una frattura che precede i suoi stessi romanzi. 

sabato 6 aprile 2013

E il naufragar m'è dolce in questo mare.




Sempre caro mi fu quest’ermo colle
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, 
e sovrumani silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Giacomo Leopardi

giovedì 4 aprile 2013

La bellezza femminile rappresentata da Daryl Feril



Protagonista di questo giovedì dedicato alle tendenze provenienti da oltreoceano è un giovane ragazzo, Daryl Feril, d'origine filippine, che nelle sue opere mescola originalità e forte dimestichezza dei segreti della pittura con reminiscenze della sua terra animate dalla curiosità verso i brand e i movimenti artistici del momento.
Il risultato della sua ricerca è orientato alla rappresentazione di volti femminili racchiusi da una vegetazione florida e feconda. La bellezza vista come generatrice di vita e viatico verso un mondo ideale dove fantasia e immaginazione vivono in perfetta sintonia. 





Daryl Feril
  

mercoledì 3 aprile 2013

Linee Guida per la cura dei contenuti



Questo articolo è uscito su Penna blu.


Quando si parla di cura dei contenuti ci si riferisce alla pratica attraverso cui vengono raccolti, analizzati e presentati contenuti informativi. L'espressione, oltre ad assurgere a pilastro etico e morale per chi vuole fare informazione, sta acquistando sempre più valore dal momento che la fruizione di informazioni ha valicato i media tradizionali. Il discorso coinvolge tanto i blogger e i giornalisti quanto i cittadini che, occasionalmente, vogliono condividere notizie sul web. La condivisione implica una serie di operazioni preliminari volte a dare credibilità strutturale all'informazione stessa.


Continua la lettura: Cura dei contenuti.