domenica 30 dicembre 2012

Dal dibattito carta stampata-ebook ai libri annusati e vissuti: La libreria dell'armadillo di Alberto Schiavone

Trovare libri vecchi con sottolineature di chissà chi. Aprirne uno e veder scivolare via, a terra, un pagina che non ha retto allo scorrere del tempo. Leggere solo quella pagina. Rimetterla al suo posto, posizionare il libro con delicatezza tra altri due, magari robusti, così che gli stiano vicini e lo sorreggano. Addormentarsi con un libro sul petto. Infilarne uno nella buca delle lettere di un amico. A quanti di noi è capitata almeno una di queste cose?
Personalmente in questi giorni sto riscoprendo i libri che leggevo prima del mio trasferimento a Roma, si può dire una vita fa non perché sia trascorso così tanto tempo da adombrarne il ricordo ma perché la mole di eventi ha letteralmente rimescolato le carte in gioco della mia vita. E quindi, mi sono ritrovata a sfogliare alcuni libri e a raccontarli attraverso le pagine di questo blog.
Mi sono ritrovata a giocare con i ricordi di certe frasi, ad associare il ricordo di quelle frasi a sapori ed emozioni, oppure a sensazioni forse anche solo vagheggiate.

In ogni caso la carta stampata gioca il ruolo fondamentale del tramite attraverso cui le immagini riemergono per osmosi sentimentale sedimentandosi nell'anima. Il libro cartaceo è il protagonista indiscusso del romanzo di Alberto Schiavone, La libreria dell'armadillo (Rizzoli, 2012). Si parla di profumo della carta, di libri annusati e toccati, di librerie dai lunghi scaffali, di musica e vino, di piatti succulenti destinati a palati raffinati ma anche ad onnivori personaggi  bizzarri ed eccentrici. C'è un po' di tutto nel romanzo del giovane torinese, tutto ciò che ruota attorno al valore intrinseco dei libri, allo scontro-incontro tra carta stampata-ebook, al piacere della lettura, al significato della lettura, alla vita di un libraio.

Ed è un libraio affascinante quello descritto da Alberto Schiavone, uno di quegli uomini arrivati alla soglia dei cinquant'anni con tanto da raccontare, un marasma di sentimenti intrisi di paura e coraggio messi insieme, un uomo dalla barba incolta e dalla camicia non stirata, un uomo che corteggia con i libri, che coglie particolari insoliti nelle donne e tratti umoristici e bizzarri nei maschi, un uomo che vede la propria libreria affondare, schiacciata dalla crisi e tenta di trovare una soluzione, passando attraverso varie fasi.

Il libraio si invaghisce di Francesca, giovane perseguitata dall'ex fidanzato che teme ma dal quale ha il coraggio di fuggire riannodando il proprio destino; il libraio vorrebbe aprire un bar in Andalusia con il compagno di avventure Ettore (in realtà l'idea è di Ettore e il libraio ne è affascinato e intimorito al tempo stesso); il libraio per uno strano caso del destino conosce Tzu Gambadilegno, un cinese di quindici anni che deve ancora trovare il suo posto nel mondo e che, nel frattempo, lavora per lo zio e fa commissioni portandosi appreso uno zaino contenente un dizionario italiano-cinese e un Hemingway donatogli dal libraio.
Il libraio è circondato dai libri ma alcuni di questi acquisteranno un valore importante. Sono libri che hanno viaggiato parecchio, dall'appartamento di un vecchio smemorato sono finiti vicino a un bidone della spazzatura, poi adocchiati da Francesca che non ha avuto il tempo e la lungimiranza di salvarli al loro triste destino, infine arrivati tra gli scaffali del libraio hanno conosciuto altre mani e altre vite.

La libreria dell'armadillo mi ha riportato indietro nel tempo, quando le librerie avevano ampi tavoli di legno dove sfogliare e leggere ciò che poi avresti comprato, dove il libraio era una persona che sorrideva e con fare gentile ti indicava i libri che facevano per te e non le ultime uscite dello scrittore famoso, il libraio ti conosceva oppure ti inquadrava da alcune caratteristiche, dal tuo modo di presentarti.
La libreria dell'armadillo è anche un romanzo che gioca sul dibattito carta stampata-ebook senza addentarsi in maniera scientificamente morbosa nella questione ma velando con sana ironia i dialoghi di molti personaggi. 
Ottima lettura per chi ama "perdere tempo" tra le parole.

sabato 29 dicembre 2012

Un libro ritrovato: La Leggenda di Redenta Tiria di Salvatore Niffoi

Abaca, abaco, abacuc... Abacrasta, il nome del mio paese, non lo troverete in nessuna enciclopedia, e neanche segnalato nelle carte geografiche. Al mondo non lo conosce nessuno, perchè ha solo milleottocentoventisette anime, novemila pecore, millesettecento capre, novecentotrenta vacche, duemilacentoquindici televisori, quattrocentonovanta vitture e millecentosessantatré telefonini. Abacrasta è famoso solo nel circondario, dove lo chiamano il "paese delle cinghie".


Ho ritrovato questo libro, La Leggenda di Redenta Tiria di Salvatore Niffoi, l'ho rispolverato dal tempo e ho ridato luce alle sue parole. Ricordo di averlo letto alcuni anni fa, mentre ancora frequentavo l'Università, e di aver sorriso leggendo queste prime righe poiché mi ricordano proprio il mio piccolo e sconosciuto paese, perso tra i campi della pianura padana e dimenticato dal sole per sei mesi all'anno. 
Nessuna recensione, solo queste parole intrecciate ad alcuni pensieri.

venerdì 28 dicembre 2012

Viaggio a Samarcanda di Eugenio Turri

Scoprire libri tra i libri. L'ho detto ieri e lo ribadisco oggi, sono giorni di scoperte, la mia vecchia libreria si trasforma in un pozzo magico senza fine; ogni libro è associato un ricordo definito, un momento nitido del mio passato, una data o anche solo un'immagine ma comunque qualcosa di emozionante al solo pensiero. 

Oggi, rovistando tra i scaffali, ho trovato un libro prezioso. Si tratta di Viaggio a Samarcanda di Eugenio Turri. E' una sorta di reportage-romanzo, edito da Diabasis nel 2004, acquistato in occasione dell'esame di Storia delle esplorazioni. All'epoca frequentavo l'Università di Parma e ricordo quel corso come uno dei più appassionanti di quell'anno accademico. Luisa Rossi, la professoressa, ci diede una lista di saggi da studiare tra cui quello di Turri. E ancora oggi vorrei ringraziarla per questo. 

La Via della Seta percorsa a "piccole tappe, con sofferenza e partecipazione, com'è raccontato in queste pagine", è il racconto che parte da Istanbul e si sviluppa fino a toccare Samarcanda - Mosca - Tiblis. Il viaggio risale al 1958, da un lato l'Occidente come unico mondo possibile, dove il capitalismo sfoggiava con arroganza le sue potenzialità, dall'altro il resto del Mondo. L'Asia e i Paesi sovietizzati dell'Asia rientravano in quest'altra porzione di Mondo, quella dove sembravano non esserci possibilità. Eugenio Turri, esploratore e geografo oltre che professore di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Milano, racconta con grande sensibilità uno dei viaggi più affascinanti che un uomo, a mio parere, possa compiere in quanto si toccano città simbolo dell'antichità (Samarcanda ne è un esempio). Con estrema sensibilità, con un linguaggio puro, nitido, la parola scorrevole e facile alla lettura, Turri racconta il nomadismo pastorale e la vita nei villaggi d'oasi, arricchendo le pagine di aneddoti affascinanti.

Se da un lato la modernizzazione in atto si espandeva nel cosiddetto Occidente civilizzato, dall'altro l'antichità e la staticità dei popoli asiatici impediva alla modernità di permeare e di rivoluzionare Paesi che, ancor oggi, non conoscono il significato di mutamento o rivoluzione.  Eugenio Turri, attraverso il suo saggio, invita a riflettere sul significato intrinseco del viaggio nella storia dell'uomo oltre al valore che certi luoghi (come l'Afghanistan) hanno nella storia dell'Umanità e al peso sociale che rivestono anche nel nostro quotidiano (anche se di questo pochi se ne accorgono) nonostante il loro immobilismo.

giovedì 27 dicembre 2012

Un libro e una scrittrice dimenticati: L'estate di Anna di Lea Quaretti

Essere felici è forse toccare un punto che ci spezza. Già l'intuizione della felicità è simile a un dolore insostenibile. Ma per il dolore, la natura ha difese inesauribili, per la felicità no.
La voce di Lea Quaretti è una melodia che si insinua nella trama sottile e intricata della letteratura femminile di fine anni cinquanta, quando anche Montale faceva distinzione tra scrittore e scrittrice. Un io narrante feroce e spietato, che alterna momenti di forte lucidità in cui i ricordi sono diapositive a colori, immagini rasserenanti di un'epoca controversa sia dal punto di vista culturale che sociale; un io narrante che si fa oltremodo desiderare agli occhi di un lettore avido di parole. 

Razionalità velata da una pacata nostalgia e perversa ricostruzione di un presente tragico dai contorni poco definiti. Questo sembra essere il quadro che emerge dalla lettura del romanzo L'estate di Anna di Lea Quaretti scoperto, con mia grande meraviglia, in un angolo nascosto della mia vecchia e consumata libreria. 
Tornare a casa è scoprire un mondo che avevo dimenticato. Rispolverare qualche libro abbandonato è affacciarsi su un momento del proprio passato che potrebbe apparire dimenticato se non fosse per quelle parole, per quel lirismo soffuso, per quel respiro flebile che è la voce, in questo caso, di una scrittirce ingiustamente  e sbadatamente accantonata dalla critica, Lea Quaretti.

L'estate di Anna è l'incalzante rievocazione dei ricordi d'infanzia di una giovane donna, ormai rinchiusa in una casa di cura, che ha avuto un'educazione cattolica rigida tanto da inibire, diventata adulta, molte sue pulsioni e desideri. La salvezza, un'illusione che godrà di  una breve durata, rappresenta la rinascita di una donna nel fiore degli anni. Eppure la tragedia non tarda a gettare ombra sulla sua vita: l'ennesima delusione d'amore cui si sommano le difficoltà che dovrebbero, secondo Anna, condurla alla felicità. Ed ecco che òa felicità appare proprio come un punto remoto, tanto lontano da sembrare irraggiungibile. Una felicità agognata che spezzerà i suoi sogni.

Dopo Il Faggio (una delle voci più nuove e interessanti che si siano sentite in questi ultimi anni - Bontempelli 1947), Lea Quaretti affida alla carta una scrittura autentica e piena di emozioni, trattando una materia insolita per una "scrittrice" ovvero il ruolo della donna, una donna sempre più consapevole di se stessa, bisognosa di esprimersi, di guardare oltre, di conquistare ciò che le è sempre stato negato. Nella Parma degli anni cinquanta, fatta di lustrini e bicchieri di whisky, si muove Anna, donna dalla forza emotiva travolgente, un fiume in piena che esonda trascinando nella sua malata voglia di vivere quelli che lei considera gli affetti più cari.

martedì 25 dicembre 2012

Auguri di un Santo Natale

I migliori auguri di buon Natale a chi mi segue, a chi è passato di qua, a chi passerà, agli amici che verranno...

lunedì 24 dicembre 2012

Sotto l'albero di Natale

L'intento di Italo Calvino: "L'unica cosa che vorrei poter insegnare è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo. In fondo la letteratura non può insegnare altro". Scrivere la vita, le passioni, i sentimenti più aggrovigliati è cercare di cogliere uno sguardo fra mille sguardi, un modo di pensare altro, un punto di vista oltre quello che già conosciamo. E' gridare alla libertà. Questo e non altro è quello che ho cercato di fare da quando ho tra le mani questa miniera di pensieri e riflessioni, questo blog.



Ho creduto, almeno all'inizio, che fosse il blog a condurmi all'interno del valore poetico di cultura, intrinseco al suo stesso agire, al suo indagare nelle sfere più remote dell'uomo. Sfogliando il primo volume che raccoglie tutti gli articoli scritti dall'inizio (circa un anno e mezzo fa) ho avuto la sensazione che sia stato proprio così. Corsi e Rincorsi mi ha preso per mano rincorrendo la verità (come vuole il titolo del primo articolo), per poi lasciarmi andare. Ho imparato quindi a conoscere le mie stesse passioni, a pormi al centro di ogni interesse, a studiarlo per farlo mio. A studiarlo per trasmetterlo. E così in questo blog sono confluiti articoli scritti per testate, approfondimenti per corsi universitari, sviluppi di tesi, stralci di racconti editi e non.

Queste lezioni di vita quotidiana hanno il limite di conoscere i propri limiti ma anche la forza di voler essere "sempre tra i primi e sapere" come diceva Montale. Ho corso e continuerò a farlo fino a quando non capirò di essere giunta alla verità. Scrivevo in apertura di questo blog: "educare alla verità come garante della libertà significa educare a una specifica umanità e, quindi, alla crescita e alla forza umana di ogni singolo individuo (...)".

sabato 22 dicembre 2012

Robert Doisneau, Le Manege de Monsieur Barre

Robert Doisneau, Le Manege de Monsieur Barre


Siamo in partenza. Ormai manca poco. Mi sento un po' così, come se stessi lasciando qualcosa di bellissimo ma in disuso per abbracciare qualcosa che vive ancora. Il preludio di un addio che presto sarà definitivo.
Per adesso, arrivederci...

giovedì 20 dicembre 2012

Leggere le Fiabe dei Fratelli Grimm oggi

Rosaspina
Rosaspina

Le fiabe dei fratelli Grimm riflettono l'anima di un mondo arcaico dove i simboli di un'epoca ormai tramontata sono i tratti salienti delle fiabe stesse. Un secolo dopo la prima edizione di fiabe di Jacob e Wilhelm Grimm, Propp e Jung offrirono una serie di delucidazioni atte a scarnificare le fiabe da quell'aura che le aveva rese magiche per centinaia di bambini: entrambi spiegarono come la fiaba non sia altro che lo specchio della cultura di una nazione. I fratelli Grimm, forti dell'impeto risolgimentale, cercarono di gettare le basi per una Nazione salda agli archetipi del passato. 

Rielaborando fonti orali e scritte di ogni genere appartenenti al passato, i fratelli Grimm costruirono un repertorio vastissimo all'interno del quale, tuttavia, si possono ravvisare delle strutture ben definite come quella parentale delineata da Sandra Bosco Coletsos e Marcella Costa nel saggio La struttura parentale nelle fiabe dei fratelli Grimm. 

Biancaneve e la merciaia
Biancaneve
Al di là delle tante interpretazioni, degli studi critici, delle analisi, delle rielaborazioni (in ogni caso utili per approfondire le conoscenze sul mondo intrinseco alle fiabe dei fratelli Grimm) credo che la cosa migliore in occasione del bicentenario delle fiabe dei Grimm sia leggerne una ai propri figli o ai propri alunni. Da questo punto di vista mi sento fortunata perché ho un figlio di un anno a cui posso leggere e mostrare le illustrazioni di queste fiabe e ho anche molti alunni che aspettano ogni giorno una fiaba, una storia, un disegno, qualcosa che possa farli sognare. E penso non ci sia nulla di più bello di questo. 

la principessa chiusa nella torre
Raperonzolo

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Le tre piume

martedì 18 dicembre 2012

Storia sconclusionata di un libro mai scritto

Di recente ho guardato il film sulla vita di Truman Capote, A sangue freddo, diretto da Bennett Miller. Mi ha lasciato un solco nel cuore. Ci devo lavorare sopra. Intendo dire che devo lavorare su ciò che realmente mi ha trasmesso.
Di recente mi si è fottuto il pc. Ho perso tutto. In particolare ho perso il terzo libro, quello che avrei finito a breve, quello a cui stavo lavorando da un anno. Ero incinta quando l'ho iniziato, ne parlavo con fierezza in un post qualche settimana fa.
Quando avrò esaurito le lacrime e le risate, come diceva Capote, mi rimetterò a scrivere. Domenica me ne stavo seduta nell'ingresso di casa ridendo e piangendo contemporaneamente.
Per il resto non c'è molto da dire. Se non che ce l'ho con il mondo intero e con me stessa in un momento in cui tutti parlano di Natale, bontà, amore e amicizia.
Non so se da oggi in poi questo blog cambierà, cioè non so se inizierò a delirare scrivendo cazzate oppure se continuerò a fare finta di nulla. Sarà difficile. In quel libro c'era un anno di lavoro e studio, c'erano persone e non personaggi, c'era una storia e non capitoli, c'era tutta me stessa.
Si lo so che ci sono dei rimedi, che nulla è finito, ancora tutto si può recuperare. Ma io sono una che non vuole farsi illusioni.
O almeno così credo.

Ps: quando scrivo  non ho la sigaretta in bocca e nemmeno la macchina da scrivere ma l'espressione è la stessa. Anche in questo momento.

domenica 16 dicembre 2012

Il Diario della Domenica: le illustrazioni di Beatrix Potter

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Beatrix Potter
Helen Beatrix Potter è stata una scrittrice, illustratrice e naturalista inglese, diventata famosa soprattutto per i suoi libri illustrati per bambini. Queste immagini vogliono ricordare la bravura di una grande donna. 

mercoledì 12 dicembre 2012

Through the looking-glass: illustrazioni di Blanche McManus

Più volte mi sono attardata tra le pagine di questo blog parlando di Alice nel Paese delle meraviglie, delle rivisitazioni artistiche e letterarie. Di seguito vorrei presentare le illustrazioni di Through the looking-glass per mano di Blanche McManus. Mi hanno incantato queste illustrazioni che sanno di antico e austero. E mi ha incantato anche la dinamicità dei personaggi, la loro eleganza nei movimenti, le linee morbide, il tocco di colore rosso e verde. L'edizione è del 1899.







Esposizione d'arte senz'arte: la Pop Art di Andy Warhol


Dopo l'inaugurazione dell'esposizione senza dipinti all'Institute of Contemporary Art di Filadelfia nel 1965, Andy Warhol disse che era stato contento di aver potuto filmare le reazioni degli invitati. In quell'occasione Warhol diede libero sfogo a ciò che più amava fare ovvero osservare, fotografare e filmare. Warhol osservatore è il Warhol che affermava, di se stesso come artista, di essere "passivo" poiché era alla mercé degli oggetti osservati. 





Tra gli anni sessanta e gli anni settanta il potere dei mass media fa leva sulla comunicazione e produzione di massa. Il principio cardine seguito è "la quantità forma la qualità", criterio applicato anche e soprattutto da Warhol. La Pop Art di Warhol si innesta nella banalità del quotidiano estrapolando i simboli di un'epoca senza precedenti. Mitizzare ciò che già è diventato mito e ripeterlo.

Le produzioni serigrafiche su tela iniziano nel 1962 con le stelle del cinema (Marilyn Monroe, Liz Taylor, Elvis Presley...) e continuano con personaggi appartenenti al mondo del'arte (Monna Lisa, Robert Rauschenberg, Leo Castelli...) ma anche con i simboli di sentimenti (fiori, baci...) e dell'epoca (francobolli, marchi, etichette, articoli di consumo). 

La ripetizione dello stesso oggetto è ricerca ossessiva della perfezione che porta ad opere differenti tra loro, banali per il soggetto riprodotto ma uniche nel loro genere. Innovative. Si tratta di un'innovazione disturbante, una manipolazione di ciò che di più kitsch caratterizza la cultura dell'epoca. Una trasformazione dell'oggetto, quella che avviene per mano di Andy Warhol, che è rivelazione estetica dell'oggetto stesso.

sabato 8 dicembre 2012

Come messaggi in bottiglia: La collina dei papaveri di Hayao Miyazaki



Verso la fine di settembre la versione italiana del National Geographic ha raccontato la notizia di un messaggio che ha viaggiato per mare per quasi cento anni. La bottiglia è stata poi trovata da un pescatore scozzese nelle Isole Shetland. Quanto è affascinante questa cosa piccola, raggrinzita dall'acqua, sbavata che riporta, come un fievole respiro, i pensieri di qualcun'altro? Per un periodo, non molto tempo fa, diciamo tra la fine di agosto e gli inizi di ottobre, ho spedito messaggi attaccati al filo di palloncini. Li sceglievo rossi, un colore caldo, visibile, come una macchia nel cielo. Scrivevo cose che pensavo o frasi che avevo letto e mi avevano colpito. Magari faranno riflettere anche altre persone, pensavo tra me.

Era un modo di comunicare con un ipotetico altro un po' strano, obsoleto potrete dire visto che siamo nell'era del 2.0, del digitale. Eppure provavo un brivido inaspettato ogni volta che lanciavo in cielo un palloncino. Mi chiedevo chi lo avrebbe trovato, se un giovane, un anziano, un genitore. Un bambino. Questi messaggi potrebbero non centrare nulla in questo contesto eppure ci sto pensando da un po'di ore, esattamente da quando ho visto La collina dei papaveri.

Uscito per un solo giorno nelle sale cinematografiche italiane, La Collina dei papaveri è un capolavoro prodotto dallo Studio Ghibli e presentato fuori concorso in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma nel 2011 e al Future Film Festival di Bologna a marzo 2012. La mano di Hayao Miyazaki è ravvisabile specie in certe ambientazioni come il vialetto rigoglioso (dove è situata la casa della protagonista) identico a quelli che incontriamo nel film Il mio vicino Totoro ma anche la casa stessa, la città vista dall'alto così come la mimica di molti personaggi, anche secondari, che ricordano i precedenti film prodotti dallo Studio Ghibli. 

Una fotografia. Tre ragazzi in divisa e una guerra, quella tra Giappone e Corea che restituirà al mare i corpi di due di questi ragazzi. Il terzo si salverà,lui sarà il depositario di una storia destinata a naufragare se non fosse per la perseveranza e la tenacia che solo l'amore riesce a donare. L'amore è quello tra Umi e Shun. Studenti, appassionati di letteratura, co-partecipanti del club scolastico, uniti in una battaglia che vuole salvare la cultura dal cinismo di un preside inizialmente poco incline alle loro menti così aperte e ricche e fertili, Umi e Shun si scambiano messaggi ignari di essere l'uno il destinatario dell'altra.

I messaggi. Umi issa le bandiere nella speranza di lanciare un messaggio al padre (il codice nautico che solo Shun conosce e che non mancherà di rivelare alla ragazzina) mentre Shun, rapito giorno da quei messaggi le dedica una poesia pubblicata sul giornale scolastico. 

Il loro passato. L'amicizia cede il posto all'amore ma Shun, figlio adottivo, scopre di essere il fratello di Umi proprio attraverso alcune confidenze fatte da Umi stessa. Non c'è tempo per sguardi o comportamenti incestuosi; una dichiarazione condivisa prima di prendere l'autobus, le mani congiunte in un saluto che sembra essere un addio. E poi nulla più. Quindi fino a che punto si è veramente fratelli? Quando il legame di sangue può essere ignorato? E' giusto ignorare i propri sentimenti in nome della consanguineità? 

La rivelazione della verità è affidata al terzo soppravvissuto. Umi e Shun corrono al porto, una fuga verso la libertà ma soprattutto per dissetarsi da quel bisogno di sapere che si annida dentro di loro, quel tarlo che li ha tormentati fino a qual momento.

Il surrealismo de Nausicaä della Valle del Vento, Il castello Errante di Howl, La città incantata, Arrietty lasciano il posto a una storia delicata che affonda le sue radici nella guerra tra Giappone e Corea. Emerge l'austerità di un popolo che sembra non scomporsi e non cedere alle emozioni neppure davanti ai propri familiari, il rispetto di un popolo che ha una lunga e complicata storia alle spalle, una storia che si riflette anche nelle abitudini culinarie e nei saluti.

Tempo fa ho cercato di pormi le stesse domande di cui sopra. Ancora non ho trovato le risposte.

Tattoo e Body Art dall'archivio fotografico de Amsterdam Tattoo Museum


Se Nei Ruffino mi ha invitata a entrare nel mondo dei tattoo, attraverso parte dell'archivio fotografico di Amsterdam Tattoo Museum mi sono resa conto di quanto è vasta la storia della body art. La capitale dell'Olanda è considerata il centro nevralgico europeo per i tatuatori più talentuosi del settore. Il Museo racchiude decenni di storia che affascinano tattoo artist ma anche persone qualunque, appassionate di arte, cultura e storia. 

Japanese tattoo, 1800

Donna Maori con tattoo al viso


1920

1939

1940

1950

1970


giovedì 6 dicembre 2012

Le storie raccontate dal vento: L'Arpa d'Erba di Truman Capote


http://bloglibri.hoepli.it/public/arpa-erba_truman-capote.jpgE in un attimo sembra che tutto scompaia. Ma proprio tutto. Il tempo, i viaggi, i sogni, il fango che ci portiamo addosso (si dissolve anche quello), i rancori, gli schiaffi morali ricevuti, le gioie. I sorrisi. Restano solo le fatiche di un quotidiano che fingiamo non ci appartenga e invece ci siamo dentro, ci siamo dentro fino al collo. E' un crescendo di fatiche che ci risucchiano, che gestiscono la nostra vita. Eppure, se mettiamo insieme i pezzi di questo mosaico quello che ne esce è storia, la nostra storia che qualcuno racconterà, celebrerà, che altri ignoreranno. Chissà se anche noi in un giorno d'autunno mentre raccogliamo radici nel Bosco del fiume riusciremo mai a sentire L'Arpa d'Erba che racconta qualche storia. Quell'Arpa che conosce la storia di tutta la gente della collina, di tutta la gente che è vissuta, quell'Arpa che racconterà anche la nostra storia quando saremo morti. 

Ho letto L'Arpa d'Erba nel lontano 2006, quando l'Università assorbiva la maggior parte del mio tempo e quello che rimaneva lo trascorrevo tra libri, racconti e scaffali delle biblioteche. Niente ebook, Kindle, ipad, iphone, twitter, in una parola sola niente digitale. Poi è esplosa, veloce come un battito di ciglia, la passione per una tecnologia sempre più isterica (ma dalla quale non si può trascendere). A distanza di sei anni riprendo in mano quello che la critica ha definito il capolavoro di Truman Capote (che scrittura particolare e che uomo controverso) con una tranquillità d'animo e una voglia di soffermarsi sui dettagli che solo l'età riesce a donare.

Il sicomoro, al di là di ogni significato religioso o pseudo tale, mi sembra così grande, accogliente e spaventoso al tempo stesso da incutere attrazione e timore reverenziale. Collin, il protagonista del romanzo, ne parla come di una casa aerea mentre Dolly (e a lei che è venuto in mente di andare ad abitare sul sicomoro) gli racconta del vento che "raccoglie e racconta tutte le nostre voci, poi le manda a parlare all'infinito fra le foglie e nei campi...". Il vento siamo noi, dice Dolly e in quel momento, in quel preciso istante, non sta parlando a Verena (zitella come Dolly ma fatta di una mente severa e poco incline ai sogni) e neppure con Collin, Dolly sta parlando con noi, con ogni lettore che ha tra le mani questo libro.

Il vento è la voce dell'Arpa d'Erba, raccoglie le storie e le tramanda di generazione in generazione. Collin è orfano di madre e viene affidato alle due zitelle Dolly e Verena. Sarà Dolly a insegnargli ad ascoltare la voce del vento, a farsi rapire dalle sue storie, a pazientare tra una pausa e l'altra. 

L'amore. "Stiamo parlando di amore. Una foglia, una foglia, una manciata di semi... Comincia con queste cose. Impara che cosa sia amare. Prima una foglia o uno scroscio di pioggia... Poi qualcuno per ricevere quello ciò che una foglia ti ha insegnato, ciò che uno scroscio di pioggia ti ha fatto maturare. Non è un processo facile, intendimi; potrebbe richiedere una intera vita, come è accaduto a me". 

Riprendere in mano L'Arpa d'Erba è stato come sedersi e ascoltare la voce del vento, sentire le storie che ha tenuto in serbo per me per poi affidargliene alcune. La quotidianità invece ci vuole oberati dagli impegni e immersi nel caos informativo. Per fortuna la voce del vento a volte riesce a distinguersi anche nel rumore.    

domenica 2 dicembre 2012

sabato 1 dicembre 2012

René & Radka: la magia incontra l'arte

"Il nostro cuore non è fatto di pietra. La pietra può andare in frantumi, sbriciolarsi, perdere ogni forma. Ma il cuore non può andare  in frantumi. E questa cosa senza forma che ci portiamo dentro, buona o cattiva che sia, possiamo trasmetterla gli uni agli altri senza limiti. Yoshiya, ancora accovacciato sul monte di lancio, si abbandonò allo scorrere del tempo. Da lontano si udiva fievole la sirena di un'ambulanza. Il vento soffiò, fece danzare le foglie d'erba, ne celebrò il canto, quindi cessò.
Dio!, risuonò la voce di Yoshiya".

Tutti i figli di Dio danzano, Haruki Murakami

Quando, per la prima volta, ho visto le fotografie di René & Radka il cappello introduttivo all'articolo erano le parole di Philip Ridley, scrittore, pittore e sceneggiatore inglese. Personalmente le fotografie mi hanno fatto pensare, e ne ignoro il motivo (la bellezza dell'arte risiede anche in questo) a un racconto di Haruki  Murakami, Tutti i figli di Dio danzano, racconto che ha anche dato il titolo ad una raccolta edita per Einaudi qualche anno fa. 

Non c'è arte che non voglia conoscere e non c'è magia che non voglia scoprire. Quando arte e magia si fondono provo un senso di attrazione infinito. Credo di aver provato proprio questo davanti alle opere di René & Radka, duo artistico tedesco-ceco che affascina il mondo della moda e della fotografiaVogue, Citizen K, Wound, Milk, Tush, Style, Beaux Art sono solo alcune delle testate che hanno ospitato le loro campagne pubblicitarie per grandi nomi come  Kenzo, Adidas, Absolute Vodka, Miss Sixty, Energie, Aston Martin.


Il 2006 è l'anno di Moonage daydream, la prima personale berlinese che vede il duo a contatto, per la prima volta, con il mondo dell'arte. Come and play with us è la mostra che vede la luce a Parigi nel 2007 a cui segue Under Water nel 2009. Sempre nel 2009 René & Radka partecipano al New York Photo Festival all'interno della mostra collettiva I don’t really know what kind of girl I am curata dal direttore della fotografia del New York Times Magazine, Jody Quon.

Ed ora silenzio, parlano le immagini!