sabato 1 dicembre 2012

René & Radka: la magia incontra l'arte

"Il nostro cuore non è fatto di pietra. La pietra può andare in frantumi, sbriciolarsi, perdere ogni forma. Ma il cuore non può andare  in frantumi. E questa cosa senza forma che ci portiamo dentro, buona o cattiva che sia, possiamo trasmetterla gli uni agli altri senza limiti. Yoshiya, ancora accovacciato sul monte di lancio, si abbandonò allo scorrere del tempo. Da lontano si udiva fievole la sirena di un'ambulanza. Il vento soffiò, fece danzare le foglie d'erba, ne celebrò il canto, quindi cessò.
Dio!, risuonò la voce di Yoshiya".

Tutti i figli di Dio danzano, Haruki Murakami

Quando, per la prima volta, ho visto le fotografie di René & Radka il cappello introduttivo all'articolo erano le parole di Philip Ridley, scrittore, pittore e sceneggiatore inglese. Personalmente le fotografie mi hanno fatto pensare, e ne ignoro il motivo (la bellezza dell'arte risiede anche in questo) a un racconto di Haruki  Murakami, Tutti i figli di Dio danzano, racconto che ha anche dato il titolo ad una raccolta edita per Einaudi qualche anno fa. 

Non c'è arte che non voglia conoscere e non c'è magia che non voglia scoprire. Quando arte e magia si fondono provo un senso di attrazione infinito. Credo di aver provato proprio questo davanti alle opere di René & Radka, duo artistico tedesco-ceco che affascina il mondo della moda e della fotografiaVogue, Citizen K, Wound, Milk, Tush, Style, Beaux Art sono solo alcune delle testate che hanno ospitato le loro campagne pubblicitarie per grandi nomi come  Kenzo, Adidas, Absolute Vodka, Miss Sixty, Energie, Aston Martin.


Il 2006 è l'anno di Moonage daydream, la prima personale berlinese che vede il duo a contatto, per la prima volta, con il mondo dell'arte. Come and play with us è la mostra che vede la luce a Parigi nel 2007 a cui segue Under Water nel 2009. Sempre nel 2009 René & Radka partecipano al New York Photo Festival all'interno della mostra collettiva I don’t really know what kind of girl I am curata dal direttore della fotografia del New York Times Magazine, Jody Quon.

Ed ora silenzio, parlano le immagini!












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