venerdì 28 marzo 2025

Scrivere per esistere: memoria e identità femminile tra autobiografia e autofiction

Conferenza tenutasi all'Alliance Française di Treviso presso Palazzo Giacomelli Confindustria Veneto Est.





«Ecrire pour exister: mémoire et identité féminine entre autobiographie et autofiction». «J’ai commencé à faire de moi-même un être littéraire, quelqu’un qui vit les choses comme si elles devaient être écrites un jour ». A partir de cette citation d’Annie Ernaux, Mme Durantini a approfondi au cours de sa conférence le lien entre écriture, mémoire et identité féminine à l’aide d’un regard intersectionnel et a touché également les réflexions de deux intellectuelles qui ont marqué l’histoire de la pensée féministe : Hélève Cixous et Simone de Beauvoir. Par le biais d’un parcours qui mêle autobiographie et autofiction, et dans un dialogue idéal avec les œuvres d’Ernaux, Sara Durantini (biographe d’A. Ernaux et autrice de Pampaluna, une fresque autobiographique suspendue entre narration personnelle et mémoire historique), a guidé sa réflexion sur le pouvoir de l’écriture, capable de transformer l’expérience individuelle en un récit collectif.


"Ho iniziato a fare di me stessa un essere letterario, qualcuno che vive le cose come se un giorno dovessero essere scritte" A partire da queste parole di Annie Ernaux, durante l’incontro Sara Durantini ha approfondito il legame tra scrittura, memoria e identità femminile con uno sguardo intersezionale, toccando anche le riflessioni di due intellettuali che hanno segnato la storia del pensiero femminista : Hélène Cixous e Simone de Beauvoir. Attraverso un percorso che intreccia autobiografia e autofiction, e in un dialogo ideale con le opere di Ernaux, Sara Durantini (biografa di Annie Ernaux e autrice di Pampaluna , un affresco autobiografico sospeso tra narrazione personale e memoria storica) ha guidato la riflessione sul potere della scrittura, capace di trasformare l’esperienza individuale in un racconto collettivo.



sabato 8 marzo 2025

Oltre il silenzio. La genealogia femminile tra parola e memoria

In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti della Donna, per Dol's Magazine ho scritto questo approfondimento. Ne riporto un estratto:


“Se io voglio definirmi, sono obbligata anzitutto a dichiarare: 

Sono una donna; questa verità costituisce il fondo 

sul quale si ancorerà ogni altra affermazione”.

Simone de Beauvoir 


Foto di Paola Agosti


Negli anni ho visto prendere forma, fuori e dentro di me, una genealogia di donne, un venire al mondo consapevole, radicato nel riconoscimento della propria origine femminile. Donne che, attraverso il racconto di sé, hanno intrapreso un percorso di autocoscienza e autoformazione, di decostruzione e ricostruzione del proprio io, donne che si sono messe a nudo per conoscersi e riconoscersi, per liberare la propria singolarità, la propria percezione dell’io nel mondo, opponendosi a qualsiasi preconcetto e costrutto sociale radicato nella dominazione maschile. 


(...)


Illuminare la genealogia delle donne significa addentrarsi nella complessità della scrittura femminile, immergersi in una lingua comune e comunitaria, lavorare per renderla trasmissibile. Significa costruire uno spazio in cui le donne possano pensarsi come soggetto ed esistere senza le limitazioni imposte da uno sguardo altro. La strada da compiere è ancora lunga. Nonostante le lotte per l’emancipazione e le conquiste ottenute, in molte parti del mondo i diritti delle donne non sono ancora riconosciuti come diritti umani. Uscire dall’invisibilità, riacquistare la propria voce, combattere i troppi silenzi che ancora oggi oscurano la violenza fisica e psicologica sulle donne, è un compito che appartiene a tutte. Perché quella “sorella” che Virginia Woolf immaginava potrà rinascere solo se continueremo a lavorare per lei.


martedì 4 marzo 2025

Del dolore e della rinascita: Scisma di Ilaria Palomba

Tutto è in bilico nel gesto della scrittura, urgenza che spinge a raccontare, a ritrovare un legame con sé stessi e con le voci che ci hanno preceduto o che risuonano accanto a noi, nel silenzio della parola.

E' da questa riflessione che sono partita dopo la lettura di Scisma di Ilaria Palomba (Les Flâneurs Edizioni, collana curata da Alessandro Cannavale ed Elisabetta Destasio Vettori)

Questa autobiografia poetica, facendo ricorso alle parole della sapiente prefazione scritta da Luigia Sorrentino, mi ha proiettata in un viaggio tra le rovine interiori e i tentativi di risurrezione, in un dialogo continuo tra distruzione e ricostruzione del sé. "Il racconto in versi", avverte Sorrentino in apertura alla prefazione, "di una sopravvissuta che guarda sé stessa dal di fuori, dal dopo. Il diario in versi è contrassegnato dall’inizio alla fine dai centottant’otto giorni trascorsi dalla scrittrice nell’Unità spinale del CTO a Roma". 



Un racconto che, già dal titolo, Scisma, evoca una frattura, una separazione profonda. Ma da cosa o da chi? Palomba affronta un dissidio esistenziale che si fa universale: lo scisma tra il sé e il mondo, tra il corpo e l’anima, tra la parola e il silenzio. La sua poesia è un grido che nasce dall’incomunicabilità, dalla consapevolezza di un dolore che non si riduce a esperienza individuale, ma che diventa condizione condivisa, collettiva.


I versi di Palomba vibrano di un’angoscia che si fa carne, di un senso di perdita che abita ogni immagine evocata. C’è una tensione continua tra distruzione e ricerca di senso, tra annientamento e volontà di sopravvivenza. E in questa tensione, la scrittura è un bisturi che incide senza pietà. I suoi versi sono scarni, essenziali, privi di orpelli, e proprio per questo capaci di colpire con violenza. C’è un uso sapiente del ritmo, un’alternanza di frammenti spezzati e immagini dirompenti che travolgono.


E poi quel corpo. Esposto, martoriato, simbolo della ferita e, al tempo stesso, della resistenza: ossa spezzate, vertebre esplose, lesioni spinali che diventano metafore di una frattura più profonda, esistenziale e linguistica. Il dolore non è solo narrato, ma è esperito attraverso una scrittura che si fa voce e carne, che restituisce lo smarrimento e la lotta contro la paralisi, la perdita, la paura di non essere più come prima.


In un dialogo costante con i suoi maestri, Palomba accoglie la parola di Alejandra Pizarnik, Amelia Rosselli, Paul Celan, Louise Glück. Ogni sezione del libro si apre con una loro citazione, creando un tessuto intertestuale che arricchisce e amplifica il senso dei versi. Se la Pizarnik è la stella polare della disperazione poetica, la Rosselli incarna la furia espressiva, Lévinas e Lacan offrono uno sguardo filosofico sulla scissione dell’io e sulla possibilità della ricostruzione. Palomba assimila queste voci e le trasforma in un canto personale, in una scrittura che cerca di dare forma all’inesprimibile. La scrittura diventa il mezzo con cui l’autrice ridefinisce la propria esistenza, trasformando la sofferenza in una nuova possibilità di essere. 


La scrittura di Scisma non si fissa in un’unica forma ma si inscrive in un processo di continua trasformazione. La parola diventa un movimento incessante tra memoria del passato e realtà del presente, un flusso che oscilla tra la rovina e la rinascita, tra il crollo e la resistenza. Il testo è una fenditura, un’articolazione stratificata di fratture e ricomposizioni, dove ogni poesia porta con sé l’eco della distruzione e il tentativo di ricostruzione del proprio io. 


In questo dialogo tra dissoluzione e rinascita, il gesto stesso della scrittura diventa il campo delle forze, giuntura tra opposti, luogo di resistenza alla fissità del senso, in cui ogni parola si carica del peso di ciò che è stato e dell’urgenza di ciò che potrebbe ancora essere.